Domanda
Gentilissima dottoressa Agnone,
vorrei tanto un suo parere per quanto riguarda l’andazzo della crescita di mio figlio.
Lui ha 14 anni e non è mai stato cresciuto in una famiglia realmente unita e nonostante io ed il padre stiamo ancora insieme, litighiamo dalla mattina alla sera, a volte anche violentemente (violenza verbale, mai fisica per carità).
Fino a prima di entrare nella fase della pubertà era stato sempre un bambino amorevole, affettuoso, e ragionevole.
Adesso è intrattabile, per lui io non esisto, esiste solo suo padre.
Questo perché io sono la severa e suo padre il buono. Quello che non gli dice mai no, quello che se io dico no, lui dice si, e via..quelle poche volte che anche suo padre dice di no, dopo 5 minuti il no precedente diventa si.
Le punizioni iniziano, ma non finiscono e via dicendo.
Risposta
Cara mamma,
grazie per aver scritto a nome di tante mamme che vivono il difficile ma meraviglioso momento dell’adolescenza in famiglia. L’adolescenza è una tappa del ciclo di vita familiare con una sua specificità, che coinvolge tutti i suoi membri e non solo l’adolescente. E’ difficile, avventurosa, ricca di cambiamenti e quindi di opportunità.
Ma oggi, nell’era in cui la genitorialità è una sfida complessa e senza punti di riferimento, la cosa più naturale che possa accadere è che i genitori vadano in crisi. Assieme ai loro figli. E hanno bisogno di aiuto.
Qualcuno, come te adesso, lo chiede; altri non hanno la forza, la consapevolezza o il coraggio. Molti adolescenti non ricevono volentieri un aiuto terapeutico, ma molti altri lo cercano.
Le famiglie chiedono aiuto perché sentono che la situazione diventa ingestibile, quello che pensavano di sapere o di saper fare come genitori sfugge di mano, non sanno come andare avanti.
I ragazzi portano con sé un forte bisogno, che è la naturale spinta all’autonomia e al riconoscimento.
Autonomia che desiderano e che fa loro paura, ma che li porterà a diventare individui (donne e uomini di domani) unici ed indipendenti.
Riconoscimento da parte di persone della famiglia, prima, e del tessuto sociale, poi, non solo dal punto di vista del saper fare (compito a cui la scuola in qualche modo li ha “allenati”), ma anche (e forse soprattutto) del saper essere.
Quello che accade quando incontro una famiglia con adolescenti è che osservo un divario molto grande tra il modo di vedere del ragazzo e quello dei suoi genitori. Questo rende loro molti difficile comunicare, ed in assenza di un contatto autentico è difficile avere una relazione positiva e ricca.
La parola “autentico“ [fonte: wikipedia] è composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in, dentro) e quindi può voler dire che autentico è ciò che si riferisce alla nostra vera interiorità, al di là di quello che vogliamo apparire o crediamo di essere.
Quello che un sostegno terapeutico può fare, esattamente come per la terapia di coppia, è far sapere a tutti i membri del gruppo familiare che il terapeuta ascolta tutti i punti di vista, anche se divergenti. Questo atteggiamento permette non solo di costruire un rapporto di fiducia che è preliminare alla possibilità di lasciarsi aiutare, ma di costituire innanzitutto un modello, un esempio di come l’ascolto empatico premette ad ogni persona di essere riconosciuta nella sua individualità, nei suoi sentimenti e nelle sue opinioni.
A questo punto, se anche la terapia si basasse solo su questo (semplicisticamente), sarebbe possibile mostrare come l’ascolto reciproco è un obiettivo possibile che permette grandi cambiamenti se utilizzato anche tra i membri di un gruppo familiare.
Ascoltarsi, ritengo, è il compito fondamentale di una famiglia che attraversa la fase dell’adolescenza, fase in cui si portano i figli al mondo come persone che presto saranno adulte e dovranno-vorranno cavarsela da soli.
Anche per i genitori non è una tappa semplice: proprio per questo motivo, parallelamente o in alternativa, può essere necessario un momento di terapia di coppia che aiuti i coniugi non solo a riformulare la loro relazione con un ragazzo che “sembra non essere più il loro bambino”, ma anche il loro rapporto che si trasforma radicalmente.
Se una coppia, infatti, inizia la sua storia con la costruzione del legame, prosegue con la capacità di “allargarsi” nel divenire famiglia e di prendersi cura dei figli (fintanto che sono piccoli), ad un certo punto della sua vita si trova davanti al compito di “lasciarli andare” – i figli- e di ricostruire una nuova intimità di coppia, che non è assimilabile a quella dell’inizio, ma che appartiene alla stagione della maturità.
A tutto questo aggiungo, carissima, un messaggio: non abbiate paura.
A volte i nostri figli sembrano intenzionati a demolire tutte le nostre regole e le nostre certezze, ma in realtà quello che mettono in atto è solo il desiderio di essere contenuti all’interno di una cornice rassicurante. Si dice che le regole sono fatte per essere infrante, ed il senso è proprio questo: sono rassicuranti, ma senza infrangerle, senza lotta, non si cresce.
Proprio come le doglie di una partoriente sembrano voler lacerare il corpo ed essere insopportabili, il travaglio dell’adolescente è il preludio verso la sua rinascita in una nuova forma, adulta. Il guscio si romperà, una farfalla volerà via.
Se avrete fiducia in questo, se riuscirete a sopportare “gli attacchi” non come una manifestazione di “odio” ma come una richiesta di aiuto (che può senz’altro essere riformulata), tutto sarà più sereno da vivere.
Se farlo, da soli, sarà troppo difficile, non esitate a chiedere aiuto: ci vuole così poco a vivere con più serenità.
Vi auguro tante cose belle, ed una buona rinascita.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
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