Domanda
Dopo una convivenza di 12 anni e con un bimbo di 2 anni e mezzo, il mio ex-compagno mi ha lasciata per un’altra donna con cui già conviveva di nascosto dal lunedì al venerdì (lavora fuori città tutta la settimana) da diversi mesi. Dopo un mese, ha deciso di tornare a casa e io l’ho riaccolto, ma dopo un altro mese ha nuovamente cambiato idea è tornato a vivere dall’altra signora. Sono passate tre settimane e adesso mi dice che mi ama e che vuole tornare a casa con me e il bimbo, non appena avrà “concluso questa cosa ancora irrisolta con la signora”.
A questo punto però non sono disposta a riprovarci, ritengo inoltre che tutto questo andare e venire faccia molto più male al bambino di una situazione in cui il padre non vive con lui e la mamma, ma che almeno è chiara, quindi ho chiesto al mio ex-compagno di portare via tutte le sue cose, cambiare la residenza e darmi le chiavi da casa, cosa a cui lui si oppone perché conta di tornare a vivere con noi prima o poi. Siamo già d’accordo che vedrà il bimbo un weekend su due, prenderà in affitto un mini appartamento nei dintorni e cercherà di tenere il piccino anche una sera alla settimana (almeno), il tutto molto elastico a seconda dei miei e dei suoi impegni. La casa è di sua proprietà, ma mi risulta che in generale sia lasciata a disposizione del figlio e della persona che se ne prende cura, cioè io.
Per quanto riguarda la casa, posso pretendere quanto gli ho chiesto? Se si rifiuta, dovrei rivolgermi ad un giudice? E’ preferibile non mettere di mezzo il tribunale, perché controproducente (mi hanno suggerito che a volte i giudici convinti di fare il bene del bambino mettono il becco anche su accordi già presi dai genitori e li stravolgono), o è meglio rivolgersi sempre ad un giudice per legittimare tutti gli accordi presi, compresi quelli sulle visite al piccolo nonostante non abbiamo fissato un calendario troppo fiscale (ma quasi il contrario)?
Risposta
In 15 anni di professione e centinaia, se non oramai migliaia, di ricorsi congiunti depositati con la mia assistenza non mi è mai capitato che il tribunale mettesse il naso negli accordi concordati tra i genitori, anche quando avrebbero potuto a stretto diritto presentare problemi di omologabilità o accoglibilità.
Tutto al contrario, il mio consiglio di sempre e a tutti è proprio quello di regolare l’affido, finché si riesce a farlo in via consensuale, senza confidare sulla «civiltà» e il fatto che si andrà sempre d’accordo, perché semplicemente non esiste, specialmente per periodi così lunghi come 20 o 30 anni.
Prima di prendere questa decisione, però, visto che mi sembra che la vostra situazione sia ancora abbastanza magmatica, anche se naturalmente capisco la tua delusione e la tua mancanza di fiducia, visto che avete un bambino che è ancora molto piccolo ti consiglierei di fare qualche seduta di terapia di coppia per vedere se questo rapporto è tutto sommato in qualche modo recuperabile.
Oppure, se credi che non ci sia spazio per questo, vi consiglio alcune sedute di mediazione familiare che vi consentiranno, nel lasciarvi, di comprendervi meglio a vicenda, cosa che, nell’ottica di collaborazione che dovrete avere per altri decenni a venire, è sempre utile.
Parallelamente alla mediazione, puoi, con l’assistenza di un legale, presentare il ricorso congiunto, dettando le condizioni di base e mettendo alcune clausole di salvaguardia di diversi accordi presi di volta in volta tra di voi, per instaurare un sistema elastico, che è sempre meglio.
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