Domanda
Buongiorno dottoressa,
sono un’affezionata lettrice, ormai, grazie al suo aiuto e al blog di mamma imperfetta ho raccolto i cocci del mio rapporto con mia figlia (6 anni) e sto lavorando sodo per coltivarlo quotidianamente. Nel mio/nostro percorso sto incontrando però uno scoglio un pò importante, che non so come superare.
Lei è una bimba timorata da ogni cosa. Non si tratta solo di paure giustificate, come il rumore del trapano, il suono di un’ambulanza, la paura del dolore.
Si rifiuta persino di giocare ai giochi che non conosce, rifugge dalle situazioni che non si aspetta (per es. se gioca con un’amichetta, ne arriva una terza e lei si isola e vuole andare via).
Premetto che lavoro a tempo pieno e non ho molto tempo da passare con lei, per cui lei sente molto la mia mancanza, ma a parte questo, non mi risulta che abbia mai avuto esperienze fortemente traumatizzanti e di norma all’asilo partecipa attivamente.
Con molta pazienza ho provato a parlarle a lungo, le ho raccontato che è normale aver paura delle cose che non si conoscono, ho cercato di comprenderla e starle vicino.
Purtroppo però mi ascolta a stento ma non si confida, cambia discorso, non vuole affrontare l’argomento. E soprattutto preferisce isolarsi quando intravede la minaccia di qualcosa di cui lei ha paura.
Si inventa un malessere pur di non uscire se vede che ci sono già due bimbe che giocano e magari ne conosce solo una, oppure se vede che vanno in bicicletta e lei non vuole far vedere che ha ancora le rotelle.
Io per un pò sono stata comprensiva, l’ho assecondata. Ho notato però che troppo spesso tende ad autoescludersi e così facendo si preclude tantissime opportunità di divertimento.
(…) Non so come approcciarmi a lei, non so se è opportuno forzarla, non so se continuare a metterla di fronte alle occasioni, anche se puntualmente vengono rifiutate, oppure se devo io stessa declinare gli inviti in attesa che vengano da lei graditi.
Da qualche giorno, poi, ha cominciato a muoverle un dentino da latte. Attendeva questo momento da mesi, all’asilo era l’unica a cui non erano ancora caduto nemmeno un dente, e ora è arrivato il bel momento. Peccato che lei è di nuovo andata in crisi. E’ pensierosa, piagnucola, e se lo tocca continuamente.
Ha paura, le ho spiegato con calma cosa succederà quando le cadrà, le ho spiegato come e perché i denti da latte vengono sostituiti da quelli definitivi, le ho spiegato con enorme naturalezza e in parole semplici che è una cosa normale, che è capitata a tutti e che non è né doloroso né traumatico.
Ma vedo che fa fatica ad accettare questa cosa, così come la maggior parte delle esperienze di vita che ci troviamo ad affrontare.
Le chiedo se esiste un modo per insegnarle ad affrontare le sue paure…
Grazie.
Risposta
Cara mamma,
mi colpisce l’espressione con cui esordisci, “raccogliere i cocci del rapporto con tua figlia”, e mi fa pensare che per qualche motivo, in qualche momento della vostra storia familiare, qualcosa dev’essere andato in frantumi.
Nella tua riflessione, quella che farai per te stessa, terrei quindi in considerazione questo spunto, per cercare di comprendere meglio la genesi della vostra difficoltà e l’origine del tuo particolare impegno con la bimba.
Detto questo, trovo che tu sia molto attenta e sensibile a queste tematiche, e che abbia il gran pregio di metterti in discussione e di cercare di essere un valido sostegno per la bimba davanti ai momenti di crisi che normalmente possono capitare nel percorso di crescita.
Quando parlo di crescita, ovviamente, non parlo solo del bambino, ma anche della sua famiglia. È importante quindi che tu faccia tutto questo non da sola, ma sostenuta dal papà della bimba, che rappresenta l’altra “colonna portante” della vostra trama familiare.
Il comportamento del bambino, infatti, nasce e si evolve all’interno delle dinamiche familiari, non solo della famiglia ristretta, ma talvolta anche di quella estesa. Ed è proprio all’interno di queste dinamiche che risiede la sua soluzione.
La timidezza è un’esperienza universale: di per sé non rappresenta un problema se non fino al momento in cui interferisce con la normale vita quotidiana.
Tutti abbiamo timore di ciò che non conosciamo, con cui non ci siamo mai cimentati, e di mettere alla prova le nostre capacità, ma questo non può interferire con la spontanea curiosità verso il nuovo che racchiude in sé la Vita.
È vero, come dici, che parte della timidezza e dell’ansia sono giustificabili con una fase della crescita, ma questa da sola non è sufficiente, e le cause possono essere tante e molto diverse tra loro.
Quasi sempre sono cause “relazionali”, ovvero si spiegano all’interno di dinamiche che riguardano le interazioni significative del bambino con le figure di riferimento per lui più importanti.
Giusto per farne degli esempi utili un pò a tutti, provo ad elencarti quali comportamenti dei genitori sono maggiormente legati al comportamento del bambino timido o ansioso.
- Un eccesso di severità o un distacco affettivo: nasce da una genuina preoccupazione verso i propri figli, relativa alla buona educazione o al buon comportamento, ma si traduce in una mancanza di vicinanza emotiva, di sostegno, di accoglienza, di holding.
Genitori troppo preoccupati da ciò che è giusto fare non si fermano a guardare ciò che realmente il bambino è, distanziandosi dal qui ed orae dalla relazione con lui. Questo fa nascere nel bambino insicurezza e timore reverenziale, che può tradursi in un comportamento perfettamente adeguato e ben educato, ma lo rende sicuramente solo e preoccupato davanti alla novità.
- Giudizi troppo severi e critiche: molte volte i genitori, pur adeguatamente accudenti, hanno un atteggiamento molto critico e svalutante.
Manca il messaggio che “se stavolta non è andata bene, la prossima andrà meglio”.
Il bambino non si sente mai adeguato alle richieste dei genitori, e questo lo rende insicuro e con una scarsa autostima. Sente che quel che fa non è mai abbastanza, e che il raggiungimento di un “traguardo” è per loro più importante della vicinanza emotiva che gli è necessaria per raggiungerlo. Non riesce a percepire il sostegno dei genitori né il messaggio che “sbagliare è umano” e che “sbagliando si impara”.
- Aspettative molto alte: può capitare che i genitori (che talvolta sono stati timidi ed introversi nella loro infanzia) proiettino sul bambino i desideri che loro stessi non sono riusciti a realizzare. Questo crea nel bambino ansia da prestazione, il timore di deludere le aspettative dei familiari, rendendolo insicuro e timoroso.
- Eccesso di protezione: una spinta inadeguata o inesistente verso l’autonomia, così come una spinta troppo eccessiva, può far passare il messaggio di profonda incapacità (legata invece esclusivamente ai timori genitoriali). Questo genera un senso di inadeguatezza che porta il bambino ad evitare il confronto e le difficoltà.
La cosa importante da sottolineare è che questi esempi, da me volutamente stigmatizzati, spesso non sono così apertamente riconoscibili né ad una prima osservazione, né dai genitori stessi.
Magari ti ritroverai in alcuni di questi, o forse in nessuno.
È molto facile che, involontariamente e senza cattiva intenzione, si possa cadere in un comportamento che, ripetuto nel tempo, porti a queste conseguenze per il bambino.
Un percorso di terapia familiare, in questo caso, ha l’obiettivo di modificare comportamenti e atteggiamenti dei genitori in modo da risultare più adeguati alle esigenze del bambino in una particolare fase di crescita.
In poche parole, può essere utile un osservatore esterno al nucleo familiare che possa cogliere le cose che sono ben fatte, e quindi da valorizzare, e le cose da evitare.
A volte anche un discorso fatto in presenza di nostro figlio (che noi riteniamo distratto o impegnato in altra attività, ed invece è perfettamente attento a quel che stiamo dicendo) può innescare un circolo a catena che colpisce la sensibilità del bambino e modifica il suo atteggiamento.
Il tuo atteggiamento di apertura e di disponibilità, cara mamma, è già un ottimo presupposto per renderti disponibile a tua figlia e per cercare di aiutarla.
Il racconto delle vostre esperienze, delle vostre timidezze, delle vostre insicurezze (fatto magari in un momento apparentemente “neutro”, dal momento che i bambini sono piccoli ma non stupidi!) è sempre utile a dimostrare che la timidezza è un sentimento universale e un problema risolvibile (ognuno trova poi le sue strategie). Ma per fare questo è importante che voi genitori, per primi, siate consapevoli della vostra storia personale e di coppia.
Un suggerimento che vi dò è quello di dare il primo esempio, partendo da voi stessi: non è da escludere che nel comportamento della bimba ci siano anche delle reticenze vostre, dei comportamenti che anche voi avete assunto in altre occasioni, riguardo alle malattie, alle nuove conoscenze, alle difficoltà della vita.
Il messaggio che è utile far passare è che “essere aperti verso gli altri porta gli altri ad essere aperti verso di noi”.
Sostenete la piccola durante il percorso, facendole sentire che raggiungere un obiettivo può essere difficile, ma se sbaglia, fallisce, cade lungo il tragitto, non è sola e può rialzarsi.
Lodate i suoi pregi, e minimizzate i suoi fallimenti: sottolineare le sue difficoltà, anche col migliore e più accorato degli intenti, non la aiuta a uscire dalla percezione di costituire un “problema”.
Voglio concludere con una riflessione.
A volte dimentichiamo che il comportamento del bambino, per quanto disfunzionale, è sempre un appello relazionale, ovvero un messaggio che il bambino consegna ai suoi genitori, nella speranza di essere sostenuto ed aiutato.
Guardare alla timidezza come un segnale, invece che come un problema, significa cambiare profondamente il nostro approccio alla situazione: aiutare la piccola, significherà infatti fare qualcosa con lei e per lei, e non sarà soltanto intraprendere una cura o una terapia (termini corretti ma che ci fanno perdere di vista il bisogno fondamentale del bambino, che è quello di essere visto per quel che è).
Alcuni bambini esprimono il loro disagio agitandosi, “buttando fuori”, altri si intimidiscono e si chiudono in se stessi. Ti suggerirei di leggere, a questo proposito, questo articolo che parla della possibilità che un genitore ha di sostenere e contenere il bambino e le sue paure (holding), dalla nascita ad ogni fase della crescita.
La timidezza di tua figlia è innanzitutto, a mio parere, un segnale di grande sensibilità e intelligenza, di fiuto e intuito davanti alle situazioni che per lei possono costituire un rischio. Anche quello che può sembrare un problema puà essere un elemento di grande bellezza in un individuo.
Queste doti, se adeguatamente valorizzate, saranno in futuro il suo cavallo di battaglia, e faranno di lei una donna capace di fare le scelte migliori e di anticipare i possibili rischi per il suo futuro.
Se oggi è possibile aiutarla a valorizzare la sua capacità di anticipazione, di osservazione del comportamento degli altri, di analisi dei rischi, non solo sarà possibile aiutarla ad affrontare la vita più serenamente, ma le forniremo la possibilità di aver fiducia nelle sue doti, senza aver paura dei propri errori o dei propri fallimenti.
Tutto questo dipende da voi, dalla vostra disponibilità di genitori, dalla fiducia che saprete trasmetterle, con l’incoraggiamento e con l’esempio.
Certa che raggiungerete splendidi obiettivi, vi faccio i miei migliori auguri.
Monica dice
Grazie dottoressa, le sue risposte sono sempre spunto per ottime riflessioni. Mia figlia è un’ottima bambina, ha mille risorse e sicuramente potenzialità che se ben gestite potranno darle e darci grandi soddisfazioni. Io e mio marito non abbiamo avuto anni facili e forse proprio per questo lei non è completamente serena, ma insieme stiamo provando a creare un nucleo familiare positivo, a darle un buon esempio e a seguire i consigli che vengono qui riportati. Per quanto riguarda noi genitori, confermo che in passato abbiamo adottato una serie di comportamenti scorretti e controproducenti, che però da circa un anno, abbiamo provveduto a correggere e modificare e molti risultati li stiamo già ottenendo (ecco perchè parlavo di raccogliere “i cocci” del rapporto con mia figlia). Credo che se continuiamo su questa strada, la piccola si fortificherà e crescendo imparerà forse a gestire certe paure e la timidezza. Durante questo percorso, però, non essendo noi sempre presenti, incontra sulla sua strada persone (familiari e conoscenti) che invece contribuiscono a metterle ansia e a farle pesare il suo carattere (spesso anche in modo ironico, che lei non è ancora in grado di cogliere e rielabora a modo suo… per esempio se non parla, le chiedono se non ha la lingua) e cercano di forzarla insistendo, cosa che la fa chiudere ancora di più. Non parliamo poi di questo periodo, in cui sta per iniziare la scuola primaria, gliela dipingono come un posto tremendo (a casa le spiego che non è così, ma a lei rimane il dubbio). Con i nonni e gli zii abbiamo già parlato, e intendono collaborare ma in generale non è possibile pretendere che tutti coloro che la frequentano la lascino in pace. Anche perchè spesso a questa età ci si mettono anche i bambini a fare domande, chiedere perchè non gioca, ecc…
In questi casi lei non riesce a rispondere, e si blocca mettendosi a piangere. Io non so mai se è meglio da parte mia intervenire prima del pianto oppure se è più sano lasciarla sfogare… Solo che in questo caso poi gli amichetti la criticano e il suo imbarazzo aumenta….