Domanda
Gentile Dottoressa,
la ringrazio anticipatamente per l’attenzione che porrà alla mia richiesta di aiuto e per i consigli che ho “rubato” dalle sue precedenti risposte!
Sono la mamma di Gabriele 8 anni compiuti ad aprile; Gabriele frequenta la terza elementare con risultati più che ottimi. Premetto che abbiamo adottato Gabriele quando aveva 16 mesi, è stato sempre, e lo è tutt’ora, un bambino molto responsabile, bravo, giudizioso ed educato.
Ma, perchè c’è un ma! E’ stato sempre molto vivace a scuola, all’inizio non riusciva a stare fermo, poi zitto, ora addirittura si azzuffa spesso con i compagni facendo loro male. A casa è tranquillissimo, abbiamo notato però che quando è insieme ad altri bambini e sopratutto a scuola, si “trasforma”: si arrabbia facilmente, alza le mani, reagisce male a scherzi, burle (è molto permaloso con gli altri bambini), vuol comandare lui.
Ammetto che siamo genitori esigenti, ma con lui siamo presenti, partecipi.
Le insegnanti ci dicono che ha delle capacità sopra la norma, è molto intelligente e molto capace. E’ sempre stato precoce: a 4 anni ha iniziato da solo a scrivere, a 4 e mezzo leggeva.
Ogni volta che torna a casa con una notifica da parte della maestra ne parliamo cercando di capire, ascoltiamo le sue ragioni, cerchiamo spiegazioni e soluzioni insieme a lui. All’inizio cercavamo di essere comprensivi, poi abbiamo iniziato a dare delle punizioni (togliendo giochi, facendogli fare dei lavori…), ieri addirittura siamo arrivati alla minaccia: o ti comporti bene o non andrai più a calcio (mai avrei pensato di farlo!!).
Siamo disperati, perchè non ci spieghiamo un tale comportamento. Siamo una famiglia serena, non dico che siamo il “Mulino Bianco” ma una famiglia normalissima…Gabriele è amato da tutti nonni, zii….e cresce in un ambiente familiare partecipe e sereno.
Stiamo valutando l’idea di andare da uno psicologo. Vuole attirare l’attenzione? Per dirci cosa?
La prego…ci aiuti.
Grazie, R.
Risposta
Cara R.,
grazie per aver sollevato un argomento molto delicato che è quello dei rapporti familiari e scolastici in presenza di un bambino adottato, e della mancanza di sostegno ai genitori che si trovano ad attraversare le stesse difficoltà dei genitori naturali, con, in più, le tematiche dell’esperienza dell’adozione, che per il bambino (e di conseguenza per l’intera famiglia) ha sempre sullo sfondo, anche nel più felice degli epiloghi, un’esperienza di separazione traumatica.
Spero di riuscire a darti l’aiuto che mi chiedi rispondendoti all’interno di questo tema, e sottintendendo quanto ho già detto a proposito della rabbia evolutiva, della vivacità in età scolastica, della possibilità di comunicare col bambino in modo adeguato ed autentico sul suo mondo emozionale.
Ci tengo a cominciare sottolineando che la vivacità nei bambini è sempre un segnale positivo, anche quando sembra sfiancare genitori ed insegnanti, e che può volgersi in favore del mondo relazionale reciproco solo con un punto di vista che faccia centro non sul bambino (come “portatore di colpe, aspettative, difetti”) ma con uno sguardo più ampio sulle relazioni in cui il comportamento si inserisce.
Farò qui una premessa generale, che sicuramente ti interessa, ma dal momento che non ti conosco, penso possa anche non riguardarti in prima persona.
Più volte ho sottolineato, nel mio lavoro, la necessità di riconoscere, da parte delle famiglie adottanti, il bisogno di essere sostenuti prima che insorgano i problemi, in modo da evitare il complesso intreccio tra la gestione dell’emergenza e l’elaborazione di temi evolutivi importanti come quello sopra citato. Purtroppo il contesto sociale in cui viviamo, che poco assiste le famiglie in tema di welfare, ma anche un desiderio-bisogno di farcela da soli da parte della famiglie adottanti, nel più genuino intento di sentirsi “come le altre famiglie”, spesso portano a condizioni di solitudine e fai-da-te che non giovano, anzi complicano le cose.
Non è certamente il vostro caso, dato che mi racconti di quella che sembra essere una semplice difficoltà legata alla crescita, per la quale, in modo lodevole, chiedi saggiamente consiglio.
Nei consultori però arrivano molti casi in cui, dopo aver eluso percorsi di sostegno alla genitorialità successivi all’adozione, i genitori tornano nel momento del “dramma”.
Manca ancora, sfortunatamente, la cultura della formazione in ambito psicologico e delle relazioni di cura, e noi operatori siamo responsabili di non riuscire a far passare abbastanza chiaramente il messaggio che questi percorsi non sono clinici, diagnostici o riabilitativi, ma riguardano la formazione e il sostegno all’esperienza.
Premesso ciò, cercherò di muovermi in modo sintetico ma esaustivo all’interno di una questione complessa. Proverò a sintetizzare alcune tematiche, probabilmente già note e “genericamente conosciute”, che caratterizzano l’adozione.
Da una certa prospettiva, possiamo notare come nell’esperienza dei bambini adottati ci sia il tentativo di mettere alla prova il legame con i loro genitori adottivi: ciò in realtà appartiene alla crescita sana e condivisa, ma ancora di più si caratterizza davanti alla condizione di sapere che con la propria famiglia non esistono “legami di sangue” (cosa che rende concreta la sensazione di essere arrivati “da lontano” e che ci sia la possibilità, a volte anche solo fantasticata inconsapevolmente, di poter essere un giorno allontanati).
I bambini adottati portano con sé una ferita specifica, che è quella dell’essere stati abbandonati. Quello che per tutti noi è un “contatto scontato”, uno sfondo che non va messo in discussione, ma che nel tempo si sedimenta dentro di noi come il terreno su cui poggiamo i piedi per poter camminare saldamente e a testa alta, per loro è un piano che talvolta traballa, e che non può farli sentire del tutto sicuri. L’esperienza dell’adozione restituisce loro nuove certezze, ne costruisce altre, salde, sane, che permettono loro di crescere, ma non si sostituiscono a questa esperienza “primaria”.
Ogni tema che riguarda l’infanzia del bambino adottato, dunque, va letta attraverso piani multipli che si intersecano: da un lato quello dei temi dello sviluppo, dall’altro quello dell’adozione che sempre interferisce caratterizzandone ogni tappa di crescita.
L’adozione ha in sé il tema della “valutazione”:
dei genitori, che più che mai vogliono sentirsi bravi, competenti, efficaci (non dimentichiamo che questa esperienza inizia per loro proprio con un percorso di valutazione che lascia degli effetti a lungo termine), ma anche del bambino, che vuole sentirsi all’altezza dell’amore dei genitori, ricompensarli corrispondendo alle loro alte aspettative, e, nello stesso tempo mette alla prova questo amore ricevuto, in modo a volte sfidante e sfiancante per i genitori.
Tutto questo “sale in superficie” proprio nel contesto scolastico, in cui ogni bambino esprime il tema della separazione dall’ambiente familiare e di apertura al contesto sociale, e quello della possibilità di esprimere le proprie abilità e le proprie competenze.
Con i pochi elementi a mia disposizione, ipotizzerei che è per questo che la vivacità di Gabriele si esprime proprio a scuola, dove torna ad “andare per il mondo”, al di fuori dalle vostre rassicuranti mura domestiche, e si trova ad affrontare la sua percezione di “diverso” (che non so quanto sia concretamente espressa dai compagni).
Quello che ho scritto fin qui, cara Roberta, spero possa esserti d’aiuto. Da un lato, è vero, esiste la specificità di temi che ho già trattato nelle domande precedenti, che ti ringrazio di aver letto con attenzione. Dall’altro c’è una singolarità insita in ogni storia personale, che nel vostro caso si connota ancora più specificamente.
Io trovo che il vostro sforzo sia ammirevole, la vostra scelta di vita sia coraggiosa e amorevole, e che abbiate il dovere-diritto ad essere sostenuti nel vostro cammino, come e più di altri genitori. Penso che la cura e l’attenzione che tu poni verso la crescita di Gabriele denoti una grande generosità e un lodevole senso critico. E’ giusto che voi non siate soli, e che non sia tutto rimandato alle vostre, se pur splendide, scelte personali.
La mia opinione è di puntare molto sull’intervento scolastico: rivolgetevi allo Psicologo della scuola, se presente, o cercate uno psicologo scolastico o uno psicoterapeuta esterno, che siano disposti a collaborare con le insegnanti in un progetto specifico. Non perché Gabriele sia “un caso a rischio” (spesso ahimé le etichettature dicono questo!) ma perché ciascuno di noi vive inserito in un campo ambientale e relazionale dove ogni cosa che accade, in questo caso nel gruppo-classe, interferisce e ha degli effetti con ogni elemento del campo, dai compagni, alle maestre, a voi famiglia.
Oggi Gabriele è ancora alle elementari, ma sarà opportuno arrivare al delicato momento dell’adolescenza con la dovuta preparazione verso una fase del ciclo di vita sempre caratterizzata, per ogni ragazzo, dal tema di separazione-individuazione dalla famiglia di origine. Dal momento che questa fase della crescita è sempre un momento “intenso” per ogni famiglia, è opportuno che voi possiate arrivarvi dopo aver già lavorato (e qui non mi riferisco specificamente all’adozione) sui temi della corporeità, dell’integrazione delle differenze, della conquista di un proprio ruolo familiare e sociale da parte del ragazzo, sulla scoperta della propria unicità e nello stesso tempo del ground affettivo da cui si proviene, e sul grande e variegato tema del nutrire-per-lasciare-andare da parte di voi genitori. Da questo punto di vista vi suggerisco un percorso psicoterapeutico di coppia che possa sostenervi e accompagnarvi, anche più in là nel tempo, attraverso questa “rivoluzione emotiva”.
La scuola, infine, dovrebbe essere un posto dove si può avere non solo la possibilità di studiare ed imparare, ma anche di essere formati alla vita e a crescere come persone. In quest’ottica, un dialogo aperto e collaborativo tra voi e il corpo docenti contribuirebbe a migliorare la condizione non solo di Gabriele, ma anche della sua classe e della sua scuola. Nelle scuole, al contrario, di adozione si parla pochissimo, per niente se non esiste la necessità portata da qualche bambino adottato. Eppure, come per tanti temi nel Nostro Paese, non parlarne non significa né eliminare né risolvere la questione.
Sono necessari interventi specifici e effettuati da persone competenti, non improvvisati o lasciati alla buona volontà di qualcuno, che permettano il “riconoscimento” e la legittimità di questi temi, e che non si muovano entro le categorie dell’affetto, o peggio, del pietismo.
Siamo in un momento in cui tanto si parla di integrazione, di intercultura, ma poco viene fatto per integrare ciascuno di noi nella società in cui viviamo. Il cambiamento di una collettività, io credo, nasce tra i banchi di scuola: nasce con la formazione, con la prevenzione, e con il sostegno allo sviluppo. Non dimentichiamoci che i bambini sono il nostro futuro, e quel che viene speso per loro renderà a tutti un mondo migliore e più vivibile.
Resto a tua disposizione per qualsiasi altro dubbio il mio intervento abbia lasciato aperto.
Dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
dott.ssa Marcella Agnone dice
Cara Roberta,
scusa se questo commento mi era sfuggito, lo leggo adesso e gioisco con te del successo di questa decisione. Sono certa che, per quanto difficile, avete scelto una buona strada, e vi auguro di percorrerla fino in fondo nel migliore dei modi.
Un grande in bocca al lupo!
Roberta dice
Gent. me Silvia e Marcella,
GRAZIE!!
Vi ringraziamo tantissimo per l’auito ed i suggerimenti che ci avete dato.
Abbiamo, a seguito della risposta, contattato una professionista della nostra città.
La dott. sa Tiziana è stata ed è un ottimo aiuto sia per noi che per Gabriele.
E’ stato molto rassicurante per noi sentirci dire che stiamo facendo un buon lavoro con Gabriele e che il problema, se così si può chiamare, e tipico della crescita ed è totalmente risolvibile. Le insegnanti di Gabriele stanno collaborando in modo sereno e contributivo e questo ci fa molto piacere.
Nonostante tutti i problemi della scuola sottolineo che ci sono degli ottimi insegnanti!
Piccoli miglioramenti si sono percepiti, ma sopratutto Gabriele è più sereno (e contento quando andiamo a trovare Tiziana).
Potrei stare qui un giorno a raccontarvi!
Mi limito soltanto a ringraziarvi a nome mio, di Alain e di Gabriele e se permettete a darvi un abbraccio che contiene tutte le parole che non scriverò!