Apro questa nuova rubrica, Nativi con la camicia, dedicata alle nuove frontiere digitali dei prodotti per bambini, raccontandovi un prodotto che per bambini, in fondo, non è.
Meglio: lo è solo in parte, come vedremo. E tuttavia, questa parte è una di quelle che ci richiedono ogni giorno maggiore attenzione e paradossalmente non è finora mai stata tratta con strumenti adeguati: quella del pericolo.
Esistono soluzioni innovative per fare giocare i bambini, altre per farli imparare: ma per tenerli al sicuro, ecco, c’è davvero poco.
Da questa premessa nasce bPhone U10, il primo cellulare destinato ai bambini sopra i 36 mesi.
Il primo dato interessante, soprattutto di questi tempi, è che si tratta di un prodotto italiano: anzi, bPhone nasce dalla partnership fra diverse aziende italiane, in quanto è frutto di un’idea di Giomax Corporation, progettata e sviluppata da 21am e infine distribuita da Datamatic SpA.
Il progetto è del 2012, la distribuzione è iniziata a Settembre 2014.
Certo, lo so. Il fatto che sia un cellulare italiano non vi rassicura abbastanza rispetto agli enormi interrogativi socio-antropologici che già vi state ponendo sull’età giusta per dare un cellulare ai propri figli.
Bene, in questo senso bPhone fornisce una risposta chiara, presentando un dispositivo mobile ridotto ai minimi termini, quelli riportabili ai benefici di potere rintracciare o farsi rintracciare dal bambino, senza però fornirgli forme di distrazione o di pericolo virtuale (leggi social, navigazione non protetta, fotocamera, applicazioni poco adeguate).
“Less is more”: difficilmente troverete un dispositivo mobile che meglio rappresenti questo motto.
Il bPhone consente di fare solo poche e definite azioni, in controtendenza rispetto a quanto fanno gli smartphone, il cui valore aggiunto è fare molto in multitasking e con possibilità di upgradare ulteriormente aggiungendo nuove funzionalità.
Come si presenta
Niente da dire, si presenta bene fin dal pack.
In una scatolina ben assemblata e dall’ingombro ridottissimo, trova posto tutto quanto serve:
il telefono, la mini-batteria, il cavo per la ricarica (usb e presa muro), il laccetto per attaccarlo al collo e infine una guida rapida ma completa.
La prima impressione è ottima, certamente non manca cura dei dettagli.
Il telefono è piccolo (85x48x16,5 mm) e leggero (60 grammi), e nell’insieme ha un’aria simpatica e giocosa. Più simile a un tamagotchi che a uno smartphone.
Le plastiche sono di buona fattura, la scocca è monoblocco e antiurto, in generale il dispositivo appare resistente alle possibili condizioni estreme alle quali un bambino potrebbe sottoporlo.
I colori sono vivaci e piacevoli alla vista. La versione che ho provato è Rosso Succo; esistono anche le varianti Giallo Limone e Verde Prato.
Nella parte frontale trovano spazio il minidisplay (da 1,1 pollici) e i bottoni multifunzione, grandi e caratterizzati da icone semplici e intelleggibili anche in età prescolare: un fumettino verde per iniziare la conversazione; una x rossa per terminarla; 3 tasti contatto contrassegnati da un cuore, una stella e un triangolo; un tasto 112 per le emergenze; un tasto centrale con il punto esclamativo per SOS.
Lateralmente, i selettori volume da una parte, l’entrata miniusb per la ricarica dall’altra.
Nient’altro. E d’altra parte, come vedremo, nient’altro occorre.
Cosa fa
Il bPhone ha sostanzialmente tre possibili funzioni:
- Risposta alle chiamate
- Chiamate
- Localizzazione
Se per la risposta alle chiamate non c’è molto da raccontare, la funzione “Chiamata” invece utilizza una serie di impostazioni sviluppate ad hoc.
Le chiamate infatti possono essere effettuate unicamente verso i tre numeri memorizzati sui tasti icona. L’operazione di memorizzazione contatti è velocissima e richiede unicamente l’individuazione di un terminale master (di norma, lo smartphone del papà o della mamma) da associare al bPhone.
La configurazione della mini-rubrica avverrà poi tramite sms.
Il quarto e ultimo numero che il bPhone è in grado di chiamare è quello dell’emergenza nazionale (il 112), con apposito tasto.
La funzione più “innovativa” è quella di localizzazione, che consente di individuare la posizione del dispositivo (e del bambino) in qualsiasi momento e sia su richiesta del bambino che del genitore.
Se è il bambino ad avere bisogno d’aiuto, il tasto SOS invia due Sms ai numeri di cellulare memorizzati: il primo con la posizione LBS, cioè ricavata dall’operatore telefonico (la cosiddetta “cella”), il secondo con le coordinate del GPS e link a Google Maps.
La scelta di inviare un duplice messaggio è probabilmente legata al fatto che il GPS, pur essendo estremamente più preciso rispetto al LBS, non è sempre facilmente reperibile.
Allo stesso modo, si può ricavare la posizione del dispositivo inviando un Sms al bPhone da uno dei numeri configurati: si riceveranno gli stessi sms.
Infine, la batteria.
Nonostante le dimensioni ridottissime, la batteria al Litio 800mAh garantisce un’autonomia che per noi possessori di iPhone & co. appare quasi fantascientifica: fino a 14 giorni in standby e fino a 240 minuti in conversazione.
Merito anche del processore MediaTek MT6252A con connettività GSM/GPRS/EDGE Quad band 850/900/1800/1900 e GPS con servizio LBS.
In conclusione
Dopo avere provato il bPhone per qualche giorno, posso tranquillamente affermare che il prodotto è valido e fa pienamente ciò che promette.
Ho lasciato il telefono in mano anche alla mia beta tester Nina (5 anni), riporto di seguito in assoluto ordine casuale le sue note tecniche.
“Bello. Ma è vero? Telefona?”
“Posso chiamare le mie amiche, allora?”
“Non si cambia la canzone della suoneria?” [ndr: in effetti il bPhone ha una sola suoneria, non modificabile]
“E i giochi?”
“Dove si fanno le foto?”
Ecco, direi che Nina ha colto almeno un punto interessante: le nuove generazioni hanno un’abitudine al digitale già elevatissima, data dalla familiarità con i device di casa.
La mia percezione è che il bPhone rischi di essere uno strumento troppo da piccoli per i grandi (diciamo oltre i 7 anni), che difficilmente accetterebbero di andare in giro con il bPhone al collo; e troppo da grandi per i piccoli, che faticano a comprenderne l’utilità e il senso (vedi Nina), oltre a non avere affatto sviluppato ancora la percezione di quella che è una situazione realmente pericolosa, per la quale telefonare ai genitori o addirittura al 112.
Ecco perché, all’inizio dell’articolo, esordivo scrivendo che il target non è quello dei bambini. Il target del bPhone siamo noi, i genitori, che abbiamo bisogno di essere rassicurati e allo stesso tempo di proteggere i nostri figli.
Servono buoni consigli d’uso e una sana educazione su come riconoscere i pericoli (e non solo su come segnalarli): questa è la cura giusta per consentire al bPhone di fare quello per cui è stato ben progettato, su un target che comunque ritengo non possa essere inferiore ai 4 anni, e difficilmente superiore ai 7.
Un utilizzo “alternativo” del bPhone potrebbe essere per gli anziani. In questo caso, le ultime perplessità segnalate chiaramente non sussistono e lo strumento è perfettamente in grado di svolgere le proprie funzioni senza troppa attività preparatoria.
bPhone costa 59,90 Euro e si può acquistare online su Amazon o su 1000farmacie.it, ma anche in diverse catene di elettronica o Gdo.
L’elenco completo dei rivenditori (con tanto di store locator) è su www.mybphone.com.
Alfredo Colella – Nativi con la camicia
In collaborazione con Giomax Corporation e 21am
Lia dice
Ciao Silvia, da mamma di tre bambine posso comprendere la paura infinita che può provare un genitore che per un attimo perde di vista il figlio e non capisce più dove può essere andato…questo padre avrà avuto il bisogno di esorcizzare una grande paura e di porvi rimedio, inventando questo strumento…resto comunque convinta dell’idea che per un bambino piccolo sia una schiavitù, probabilmente diventata necessaria a noi adulti ma sicuramente troppo impegnativa da gestire per quell’età, anche se non contiene giochi, fotocamera o altre cose superflue in termini di sicurezza…
Lia dice
La mia umile opinione? Terribile!!!
Ci stanno facendo credere che sia tutto indispensabile, che il buon genitore sia quello che si occupa della sicurezza del figlio fornendogli non la propria presenza o gli strumenti psicologici per raggiungere l’autonomia necessaria all’età anagrafica ma questo tipo di cose…a 36 mesi, dico a tre anni, i bambini devono essere dei piccoli adulti e prendersi cura di strumenti come carica batterie e telefono…
Scusami Silvia, ti leggo da diverso tempo e questo post non mi sembra in linea con l’idea che mi sono fatta di te…spero di non offenderti dicendoti questo!
Mammaimperfetta dice
Ciao Lia, bentrovata. Spesso i prodotti nascono da esigenze non solo di marketing.
In questo caso la storia è quella di un padre che perde suo figlio di 4 anni e si spaventa così tanto da mettersi a progettare un apparecchio che è essenzialmente un geolocalizzatore. Non ha giochi, non ha fotocamera né altre funzioni “smart”. Quelle a 4 anni le usano già sugli smartphone dei genitori…