Domanda
Gentile dottoressa,
ho visto oggi il figlio di una coppia di cari amici, di pochi giorni.
Già al telefono (ero via, perciò non ho fatto loro visita in ospedale) il loro tono era tutt’altro che allegro e mi sembravano sopraffatti dal peso, nonostante il bimbo sia sanissimo e il parto sia andato bene.
Non so se il fattore di essere genitori non giovani (over 40) e adusi a una routine molto calma negli ultimi anni (lavoro impiegatizio e divano, con poca vita sociale, sport o altro, perché si sentono sempre stanchi) conti.
So che oggi ripetevano continuamente: “abbiamo fatto una stupidaggine (usando termini più veementi), ora non usciremo di casa per anni, non sapevamo cosa voleva dire o non l’avremmo fatto”.
Il bimbo ha la pelle molto secca e squamata (credo niente di grave, il caldo, comunque la visita di routine dal pediatra è tra due giorni).
Il punto è che l’hanno notato solo alla mia domanda, e sembravano non ‘vederlo’ (il bimbo, non questo particolare) e sentire il peso di ogni gesto (nutrirlo, cambiarlo) come una condanna, nonostante il supporto dei nonni che li sgravano di molte incombenze (peccando però di invadenza, secondo la coppia).
Non sono mamma e mi rendo benissimo conto della fatica della nuova routine: sono però una zia coinvolta nella vita di vari bimbi e dei loro genitori e la cappa di tristezza di oggi mi sembra inusuale; c’è solo questa e quasi nessuna contentezza, quindi mi chiedo se la mia preoccupazione ha un senso o è esagerata e, soprattutto, cosa posso fare per aiutare i miei amici.
Grazie infinite
P.
Risposta
Carissima P.,
grazie di avermi scritto queste accorate parole, perché mi dai la possibilità di parlare di un argomento importantissimo. La risposta necessiterebbe di un discorso lunghissimo ed articolato, perché il tema è vasto, e mi sarà difficile sintetizzarla.
Mi colpisce innanzitutto la tua sensibilità e la tua preoccupazione rispetto a questa coppia: mi scrivi di non essere mamma, ciononostante è notevole il fatto che ti sei premurata di cercare questo sito, questa rubrica, e di scrivermi.
Mi chiedo quali corde questo tema ha toccato in te, quali sono le tue paure (che non mi scrivi) e di quali rassicurazioni hai bisogno sul piano personale: forse potrei aiutarti, scrivendo qualcosa ad hoc per te.
Dato che l’argomento che mi proponi riguarda la coppia e l’esperienza del primo figlio, al momento ti risponderò su questo.
È difficile comprendere un’esperienza così vasta e travolgente come quella del primo parto, senza averla vissuta in prima persona: ciò non significa che solo chi la sperimenta la capisce, ma sicuramente è vero che certe sfumature non sono immediatamente comprensibili da chi non è dentro il processo.
Questo è vero non soltanto per gli amici, i fratelli, le persone più giovani, ma (nella mia esperienza clinica), stranamente, diventa inaccessibile anche per alcuni genitori, suoceri, e parenti più anziani, quelli che hanno vissuto l’esperienza una generazione prima.
È come se il tempo, i condizionamenti sociali, la nostra storia personale, ci portassero a dimenticare alcune cose di questa esperienza, soprattutto le difficoltà, in base a come l’abbiamo vissuta e a quanto ci siamo potuti permettere di dire, raccontare, non tacere ogni aspetto dei nostri vissuti.
Partorire un figlio è come partorire se stessi, una nuova identità: processo che avviene in un attimo (quello del parto) ma che si completa solo gradualmente.
In qualche modo, è anche un percorso doloroso, come di un guscio che si rompe, lasciando entrare il nuovo, integrandolo con ciò che si è già, ed uscire il superfluo, ciò che non va più bene per noi.
La genitorialità è, per questo, un’esperienza forte, per molti rivoluzionaria, piena di sentimenti contrastanti che non riescono ad essere raccontati principalmente perché non riescono ad essere ascoltati.
I condizionamenti culturali sulla maternità (oggi sulla genitorialità in genere), che la vede come un momento idilliaco dove la gioia vince su ogni cosa, sono ancora molto forti, sia a livello culturale che nell’intimo di ogni donna.
Ciò significa che se non c’è gioia tutt’intorno, allora si pensa che ci sia paura e pericolo.
Il disagio attiva negli altri preoccupazione e timore, e così, invece di sostenere, ci si allontana o ci si meraviglia.
In realtà può capitare che a qualcuno, proprio per quanto detto sopra, la nascita del primo figlio, o anche la prima gravidanza, giunga come una rivelazione, una sorpresa piena di cose che non si aspettavano (positive e negative).
anca ancora quella cultura in grado di leggere i vissuti spiacevoli, il dolore, come tappa di un percorso di crescita, che, per quanto abbia dei risvolti non piacevoli per le persone che vivono questo disagio, va sostenuto in chiave positiva, a favore di una serenità personale e dell’abbandono dei sensi di colpa e di inadeguatezza.
Ho più volte sottolineato l’importanza di adeguati percorsi di sostegno e di preparazione al parto, che accompagnino i futuri genitori verso questa tappa importantissima della propria vita.
La nascita del primo figlio, infatti, rappresenta un momento di grande trasformazione dell’identità dei genitori: dall’essere figli a essere genitori, persone che accudiscono. Un significato così profondo che è difficile persino descriverlo.
L’esperienza privata del diventare genitori, quella che ciascuno vive nel proprio intimo, è quella che si discosta dai luoghi comuni e che difficilmente viene raccontata: la frequente comparsa di depressione e sbalzi dell’umore, più frequenti nella donna ma comuni anche nell’uomo, sono ormai da tutti visibili, ma da pochi comprensibili. “Gli ormoni”, si dice, e quasi si fa spallucce come se non ce ne fosse una ragione comprensibile o giustificabile.
In realtà questa è solo una tappa di un processo variegato e multiforme, diverso per ciascuno, che comincia col progetto di fare un figlio, che che terminerà parecchio tempo dopo il parto, senza mai concludersi del tutto.
L’amore materno è infatti un sentimento complesso e non-universale, mutevole proprio perché si fonda su una relazione (quella con il figlio, quella con il co-genitore del proprio figlio) che non è mai ferma ma si evolve continuamente.
Necessita quindi di continue ridefinizioni, di sé e di sé con l’altro.
Questa instabile mutevolezza, tuttavia, lo rende un sentimento vivo, che ha proprio nel suo continuo divenire il segreto del perenne movimento della Vita. Tutto ciò che vive, si muove e si trasforma.
Cara Paola, con le mie parole vorrei rassicurarti sul fatto che non vi è nulla di anormale nel rimanere spiazzati davanti alla nascita di un figlio, e la cappa di tristezza non è inusuale.
E’ come dire addio ad una parte di sé che non ritornerà, se non in un’altra forma, più integrata.
Per certi versi, c’è un fondo di verità in quel che dicono i tuoi amici: allattare, accudire il neonato, il corpo che cambia forma e significati, il ritmo quotidiano che vene stravolto in funzione del bambino, sono cambiamenti importanti che sulle prime spaventano.
La fatica dei neo-genitori non è un fatto esclusivamente pratico: non si tratta solo di accudire, lavare, cambiare, nutrire. Ecco perché essere genitori o zii e nonni non è la stessa cosa.
Diverso è invece pensare che è una cosa che si risolve da sé: queste persone hanno sicuramente bisogno di aiuto, sostegno, comprensione.
Che questo aiuto possa arrivare dal gruppo di familiari o amici, o da un professionista competente, questo possono stabilirlo soltanto loro.
Nel mio lavoro mi capitano casi come questo, di persone che hanno bisogno di uno spazio di incontro e di ascolto, sia con persone che vivono la stessa esperienza (gruppi esperienziali e laboratori sulla genitorialità) che con un professionista che sappia accogliere e contenere i dubbi, le paure, e promuovere il cambiamento positivo.
Ammetto che è difficile valutare una situazione a distanza, e l’ideale sarebbe una osservazione di persona. Ma voglio aggiungere che essere genitori sconvolti non vuol dire, nella maggior parte dei casi, essere genitori inadeguati, ma semplicemente persone che devono ancora orientarsi nel loro nuovo ruolo.
Spero che le mie parole ti siano state di aiuto, e che possano fornirti una chiave di lettura diversa al quadro che ti si è presentato davanti.
Sono certa che la tua sensibilità di amica saprà farti essere per loro, a differenza di altri, una presenza accogliente e comprensiva, e che saprai dare loro il giusto suggerimento, se questo è il tuo desiderio verso di loro.
Resto a tua disposizione per ulteriori chiarimenti, e faccio un in bocca al lupo a te, per la tua futura crescita personale, e a loro per questa nuova esperienza.
michela dice
Mi ritrovo nella coppia che,superati gli “anta” e con un tranquillo tran-tran, ltre che magagne fisiche, rimane “incinta”. A distanza di 7 mesi mi sento ancora sballottata, anche se l’amore per mio figlio è stato immediato, come quello del papà, che però cerca ancora suoi spazi in un momento che proprio non è possibile. Si è scovolti, òla fatica fisica è immane, di più per l’età, inutile nasconderselo…senza aiuti costanti e concreti, altro che figli dopo i trenta!!! O si è la “anna falchi” di turno, con due baby sitter e factotum, o, per quanto innamrata del mio cucciolo, dico lasciate perdere. QUello che facevo a 25 anni come baby sitter di due bimbi ( passeggino, scale, cambio pannolino con le pesti agitatissime) , non mi pesava, nemmeno mi accorgevo, adesso anche dopo le notti ( molte) in cui il cucciolo se la dorme beato, sono distrutta da queste semplici cose. La mancanza di sonno mi ha fatto alzare la presione, alterato il metabolismo e i ritmi circadiani, sn finita dal neurologo. Purtroppo le persone attorno, quelle che dvrebber starti vicine, non capiscono. Io devo ringraziare due angeli, due mamme vere e senza “veli” mentali, vicine di casa, che mi hanno sstenuta e aiutata quand avrei solamente voluto buttarlo dalla finestra e farla finita. CIfossero sstegni fra mamme,invece che rivalità, ci sarebbero meno Franzoni, spero che queste parole possnao servire a qualcuno.
elena dice
quando é nato mio figlio Dovevo essere felice secondo l’etichetta sociale io invece ero solo sconvolta. X i primi tempi é stato un peso incredibile e dire ke volevo questo figlio! Mi atterriva la poppata (ke male faceva) il cambio del pannolino (quel corpicino minuscolo) e poi la stà imprevedibilità (nn sapere se avrebbe pianto mangiato dormito quella notte ma anche di giorno). Poi il tempo ….. E il mio cucciolo mi hanno guarita e naturalmente cambiata. Ora sono 1 mamma.grazie figlio mio x quello ke mi hai fatto.
Paola dice
Grazie mille da parte della mittente di questo messaggio: la sua risposta mi ha aiutata molto. Intanto è passato del tempo e già prima di leggerla ho cercato di stare vicino ai miei amici e al loro bimbo con affetto e aiuto pratico, senza permettermi di giudicare. Credo che tutti stiamo crescendo con questo bimbo: se il mio amore (visto che non devo patire la fatica quotidiana) è stato folgorante e immediato, anche quello della mamma sta crescendo e il papà imparerà anche lui!