Domanda
Gentile dottoressa,
mi rivolgo a lei in virtù delle belle risposte che ho potuto leggere sull’argomento “gelosia tra fratelli“.
Sono la mamma di un bimbo di poco più di tre anni. Un bambino a tratti timido e sensibile, ma dal caratterino forte e testardo.
Ho sempre notato in lui una certa diffidenza e titubanza nel relazionarsi con gli altri, sia grandi che piccoli, e questo nonostante abbia frequentato prima il nido e ora la materna sempre nella stessa struttura.
Nonostante questa caratteristica “chiusura a riccio per l’estraneo” è riuscito a raggiungere gli obiettivi tipici della sua età: controllo sfinterico, linguaggio, gioco con gli altri bambini, una certa autonomia.
Tra poco meno di due mesi in casa arriverà un fratellino, abbiamo cominciato a parlargliene già da qualche mese, ma con risultati piuttosto incerti. Inizialmente era basito, direi dubbioso, poi contrariato, ora indifferente. Quando si parla dell’argomento e ci si rivolge a lui spesso non risponde, fa finta di nulla, cambia argomento o continua a fare altro. Noi non lo forziamo, cerchiamo di non asfissiarlo, però magari, sfruttando il pochissimo tempo a disposizione, io e mio marito ci troviamo ad affrontare decisioni logistiche in merito al nascituro a tavola e quindi davanti a lui (che sembra non interessarsi minimamnete al discorso).
Fatto sta che da un po’ di tempo stiamo constatando dei comportamenti che mi permetto di definire regressivi: si esprime a gesti e lamenti invece di parlare, fa la pipì nei pantaloni anche due o tre volte in un paio d’ore (mentre la notte si tiene perfettamente asciutto anche 12-13 ore!).
La mia reazione la prima volta, dopo gli episodi della pipì, è stata sbagliatissima: l’ho rimproverato aspramente perchè credevo mi stesse facendo un dispetto. (solitamente è molto pigro e bisogna portarlo in bagno con tanta insistenza ogni volta).
Ma dopo l’episodio successivo ho collegato la cosa a un possibile tentativo di attirare la nostra attenzione. Dopo aver fatto pipì sul divano senza dire assolutamente niente (mentre solitamente ci avvisava) ho reagito in maniera decisamente opposta alla prima: ho cercato di interrogarlo sul perchè non ci avesse avvisato visto che pochi minuti prima gli avevo chiesto di andare in bagno, ma ha continuato ad ignorarmi, gli ho detto che quello che ha fatto non va bene, perchè lui è un bimbo grande che sà tenere la pipì e sà dire quando gli scappa. (era già la terza volta della giornata). Ninete, ogni tanto mi guardava e basta.
Pochi istanti dopo averlo lavato e cambiato per la notte ha ripreso coni suoi soliti “capricci” per addormentarsi, solo che questa volta, il papà, seccato per il divano bagnato, non ha avuto la pazienza e la voglia di andare da lui per farlo addormentare come al solito.
Così sono rimasta seduta sul suo letto cercando di parlargli, rassicurandolo del fatto che mamma e papà non erano arrabbiati, ma dispiaciuti; perchè siamo fieri del fatto che lui è un bimbo grande che non ha più bisogno del pannolino. Allora gli ho chiesto se lui è grande o piccolo, finalmente ha risposto di essere grande!
Ho continuato a dirgli che gli vogliamo tanto bene e gliene vorremo sempre, che lui è il nostro piccolo grande tesoro e non doveva preoccuparsi per il divano, che la mammo l’indomani lo avrebbe lavato e asciugato. Ho continuato ad accarezzarlo e terminato il rituale dell’addormentamento, con il solito biberon di latte, si è addormentato.
Per tutto il tempo in cui gli ho parlato è rimasto con la testa nascosta sotto il cuscino e se cercavo di accarezzarlo più di tanto mi allontanava la mano.
Possibile che questi eventi siano collegati all’arrivo del fratellino?
Com edobbiamo comportarci?
Cosa succederà quando il fratellino sarà presente in carne e ossa e non solo a parole?
Grazie!
Risposta
Cara Irene,
la tua analisi è molto attenta e abbastanza veritiera.
I “passi indietro” sono solitamente un modo di attirare l’attenzione dei genitori, e possono coincidere con l’arrivo di un fratellino, o soltanto il suo annuncio.
Riflettevo, tuttavia, sul fatto che sono un modo che i bimbi hanno di ricordarci che nella vita certi “programmi” sono impossibili, non soltanto per quanto riguarda i loro, ma anche per quello che riguarda noi adulti ed il nostro progetto di vita.
Non è forse così? A volte commettiamo l’errore (spinti bonariamente dal desiderio di “archiviare un problema” sotto la categoria “risolto”) di meravigliarci quando alcuni temi si ripresentano nella nostra vita o nella vita dei nostri figli.
Loro invece sono lì, meravigliosamente spontanei e coerenti, a ricordarci che la vita, la crescita, lo sviluppo, non procedono mai in modo logico e consequenziale, ma discontinuo e imprevedibile.
Imprevedibile come la vita.
Ci insegnano che per crescere bene (e parlo di noi adulti, non di loro!) è necessario sapersi affidare all’imprevedibilità, al caos, al quotidiano.
Tuo figlio vi lancia il messaggio: “non pensiate che io sia già grande e cresciuto solo perché ho imparato alcune cose; anche se sta arrivando un fratellino ho ancora -e forse più- bisogno di voi!”
Qualcuno risponderebbe a questa richiesta con un “no, cavatela da solo!” ?
Io non insisterei sul “grande o piccolo”, che fomenta gelosie non ancora presenti: un bimbo di tre anni NON E’ GRANDE, è un bimbo di tre anni.
Non confondiamo “grande” con “il più grande tra i due”.
Non credo ci sia niente di bello nell’essere grande o il più grande, non quantomeno agli occhi di un bambino che vorrebbe solo essere visto per quello che è, e che teme che il nuovo arrivato abbia esigenze più importanti delle sue.
Vi auguro un buon lavoro, certa che sarà davvero buono.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
barcamenereste dice
Questo articolo è realmente scritto come si deve, come tutto
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