Domanda
Gentile Dott.ssa Agnone,
sto vivendo un forte periodo d’ansia perchè lo sta vivendo mio figlio: un gatto che si morde la coda! Ultimamente Federico, cinque anni, non vuole più andare all’asilo: dice che non gli piaciono i compagnetti e le maestre.
Lui ha frequentato il nido da quando aveva sette mesi, poi ha iniziato la scuola materna sempre nella stessa scuola privata. C’è da precisare, però, che quest’anno ha cambiato scuola perchè, approfittando del fatto che il fratellino avesse compiuto i tre anni, li ho potuti iscrivere in una scuola pubblica, risparmiando sul budget familiare.
L’inserimento nella nuova scuola non è stato faticoso in un primo momento, anzi sembrava stesse meglio che nel precedente asilo e diceva di avere “l’amico del cuore”, cosa alla quale lui tiene molto. Ma evidentemente è stata solo una sua impressione perchè tanta passione è svanita, credo principalmente dall’altra parte, perchè i compagnetti erano intanto più grandi di lui di un anno e poi erano già parecchio affiatati per via del fatto che stavano insieme da diversi anni.
Le maestre poi, una in particolare, non brillano certo per affettuosità!
Di recente si è verificata una scena sconcertante. Arrivati all’asilo, il bambino ha subito dimostrato che non voleva stare e mi seguiva, assieme al fratellino, per non farmi andare via. La maestra non si è minimamente alzata dalla sua seggiola, ha continuato a ritagliare carta, assistendo indifferente ad una scena che non sembrava affatto appartenerle, come stesse guardando un film. Beh… ho lasciato i bambini comunque all’asilo in lacrime e strilla e mi sono poi sentita rimproverare malamente da lei che certe scene non si possono ammettere a cinque anni, a metà anno, che ledevano l’immagine della scuola!
Vorrei avere un suo parere, lei, Dott.ssa Agnone, mi è piaciuta tantissimo perchè è sempre molto tranquillizzante, anche se, da brava mamma ansiosa, ho già contattato uno specialista per vederci chiaro. O meglio: io e mio marito avevamo già deciso di rivolgerci ad una psicologa infantile per avere dei suggerimenti su come comportarci proprio con Federico che ha un carattere non facile, perchè spesso non ci troviamo d’accordo sul metodo e volevamo una guida di riferimento.
Vista la situazione particolare, ovviamente, facciamo vedere anche il bambino.
Aspetto ansiosa sue notizie,
un affettuoso saluto
S.
Risposta
Cara S.,
sono certa che la consulenza che hai deciso di chiedere ti sarà di molto aiuto in questa situazione, soprattutto per gli aspetti che riguardano la relazione tra te e i bambini, tra voi genitori ed i piccoli.
Da come mi racconti i fatti, comunque, posso già sottolineare qualcosa che tu stessa metti in luce e che sono significative per questi episodi.
Come ben fai notare, non si può rimanere indifferenti al fatto che il bimbo ha cambiato scuola quest’anno, perdendo tutti i suoi punti di riferimento, fisici e relazionali: la scuola, gli ambienti in cui era cresciuto, il gruppo di compagni con cui aveva costruito una relazione, le maestre che erano per lui un riferimento non solo pedagogico, ma soprattutto (vista l’età) affettivo.
Bene, su quest’ultima parola prendo spunto per dire quel che tu già evidenzi: il rapporto con questa maestra che ti parla di età, di reputazione della scuola, e che non è particolarmente affettuosa.
Scusa, ma la parte più viscerale di me sobbalza sulla sedia.
Non ho altro da dirti (anche se forse l’impeto è più da mamma che da professionista), che rivolgerti al dirigente scolastico ed esporre l’accaduto. O, se preferisci partire dal basso, discutertela direttamente con lei.
Evidenzierei diverse cose, riguardo alla questione:
- il rapporto con l’insegnante non è fondamentale solo per il bambino (che deve potersi aspettare da lei conforto, supporto, sostegno), ma anche per la relazione scuola-famiglia, che è di fondamentale importanza non solo per lo sviluppo ma anche per la risoluzione di eventuali problemi
- se quanto ci racconti è vero, così come lo racconti, non è ammissibile che il buon nome della scuola venga messo davanti alla serenità di un bambino, ai suoi bisogni, alle sue difficoltà, soprattutto rispetto alla particolare situazione che tu ci racconti (cambio di scuola, reinserimento scolastico, inserimento in un gruppo di pari con cui ancora non ha legato, etc)
- è l’insegnante che deve farsi parte attiva nella risoluzione di un caso del genere, e che deve supportare il genitore quando il bambino non riesce a separarsi da lui al mattino, sostenendo tanto il bambino quanto la mamma.
La persona in questione potrà avere mille ragioni, anche valide, per aver reagito a questo modo, e noi non siamo insensibili rispetto alla sua posizione; ma è importante che colga la sua parte di responsabilità nelle dinamiche relazionali che riguardano questo caso.
Tutto ciò che posso aggiungere penso sia superfluo. L’ansia genera ansia, e sia tu che il piccolo lo sperimentate sulla vostra pelle. Ma l‘ansia è eccitazione non sostenuta, ovvero voglia di crescere che non incontra il sostegno di chi dovrebbe aiutarvi (te e lui) nel farlo.
Quando un bambino entra nel mondo della scuola, la famiglia vive un momento importante di distacco e di fiducia nel “mondo là fuori”. Si parla tanto del necessariocoraggio di lasciar andare i nostri figli per il mondo, purché questo sia ben riposto.
Il ruolo dell’insegnante si colloca nelle relazioni d’aiuto, ovvero persone che per il loro mestiere offrono sostegno alla loro utenza. Il presupposto fondamentale per svolgere questo ruolo è quindi la consapevolezza di ciò che è alla base di questa professione, insieme a conoscenza, competenza e motivazione.
L’insegnante è un mediatore tra l’intimità della famiglia e il contesto sociale. Nel momento in cui dei bambini gli vengono affidati, egli si sostituisce ai genitori in tutto e per tutto, e pur con modalità relazionali differenti, assolve al compito che è quello di occuparsi della crescita di un bambino essendone responsabile.
Questo mestiere, pertanto, non può essere considerato oggi come il mero accudimento fisico, o la trasmissione di informazioni verso i più piccoli, ma deve necessariamente includere una competenza accurata e specialistica nella cura delle relazioni.
È fuori da ogni tempo, oggi, pensare che il bambino a scuola debba adattarsi a dei canoni di normalità, dei parametri di riferimento, senza comprendere il valore dell’unicità che è il punto-chiave della crescita di ogni individuo.
È chiaro che se a scuola non c’è qualcuno di cui potersi fidare, tuo figlio non avrà voglia di restarci, e tu non avrai voglia di lasciarcelo. Questo non è un caso di separazione problematica, ma di sana comunicazione rispetto ad un disagio: a scuola non riesce a stare bene, e lo sapete tu e lui.
A prescindere da tutto questo, un bimbo può avere mille ragioni per manifestare ansia al momento di salutare la mamma sulla soglia, e queste possono anche non essere evidenti, ma non per questo non meritano di essere attenzionate. Questo una brava insegnante dovrebbe saperlo, e dovrebbe quindi farsi trascinare dal desiderio di comprendere, sostenere, ottemperare al suo ruolo.
A volte dimentichiamo quanto importante sia il ruolo svolto dagli educatori, che credono di essere semplici custodi di una parte del tempo dei nostri figli senza per questo interferire con il loro sviluppo, con la costruzione della loro storia e della loro identità.
È ora che qualcuno dica che l’infanzia è un dono prezioso, che va custodito in ogni sua forma e con estrema sensibilità. Il tempo non torna indietro, e per questo è giusto battersi perché ogni giorno dei nostri bambini sia un giorno sereno e vissuto nel rispetto della loro condizioni di bambini.
Tu non disperare, prendi i tuoi provvedimenti e coinvolgi le persone responsabili non in un lotta ma in una presa di coscienza e in uno sviluppo di un piano d’azione. Ciascuno secondo le sue competenze.
Spero che le mie parole oggi possano rappresentare una riflessione sul ruolo della scuola e della relazione con gli insegnanti sullo sviluppo dei bambini.
Ti faccio i miei migliori auguri.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
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