Domanda
Da quando è nato il fratellino mia figlia di quattro anni secondo me soffre tremendamente di gelosia, è diventata più capricciosa, disobbediente, piange per ogni cosa sembra più”stressata” dal fatto che la mamma non è più tutta per lei ecc
Insomma comportamenti che denotano secondo me un certo malessere interno suo, che però non verbalizza e nemmeno scarica sul fratellino a cui sembra volere bene e dedicare tante attenzioni.
Ma la cosa che mi preoccupa di più , penso, collegata a questo fatto è la seguente: quando mia figlia sta a casa tutto il giorno con la mamma e il fratellino (esempio in estate quando non sta in vacanza al mare o in montagna, a settembre prima del rientro a scuola o adesso che come in questo periodo, che non va a scuola perché influenzata), tutte le notti dopo un paio di ore che si è addormentata si sveglia piangendo nel sonno (ndr PAVOR NOCTURNUS), piange per 10 minuti o un quarto d’ora, nel quale sembra come sonnambula, perché non risponde alle sollecitazioni.
Se le parliamo per calmarla o le chiediamo che ha, se la accarezziamo ci scaccia e piange di più, se le diamo l’acqua per bere non riesce a reggere il bicchiere, abbiamo provato a prenderla in braccio certe volte ci abbraccia, certe volte è proprio rigida.
Poi, non si sa come, dopo dieci minuti si rigira nel letto smette di piangere e dorme tutta la notte e sembra che la mattina non ricordi nulla di quello che è successo ( da quello che ho letto su internet forse si tratta dei pavour notturni).
Quando invece è impegnata anche se non è scuola (tipo gioca al mare con gli altri bimbi) non capita: la cosa si è presentata a cicli dopo la nascita del fratellino.
In passato questa cosa era successo solo all’inizio quando la mamma è tornata al lavoro (le crisi di abbandono) ma aveva sette otto mesi poi è capitata rarissimamente solo qualche volta che subiva delle sollecitazioni emozionali la sera (tipo uscire tornare tardi, o uno o due volte che è crollata davanti la tv e l’abbiamo portata a letto in braccio).
Invece ora sembra collegata con questa presenza continuata nel corso del giorno col fratellino e/o scarsa stanchezza all’ora di addormentarsi.
E questa cosa la fa solo quando sta a casa tutto il giorno perché quando va a scuola (perché torna stanca sfinita dalla scuola o perché si distrae e non vede il fratellino) dorme tranquilla tutta la notte.
Posta questa situazione mi viene il dubbio se noi genitori dobbiamo fare qualcosa a livello medico, un consulto con un terapeuta, magari sbagliamo in qualche comportamento…
Abbiamo cercato di assecondarla coccolarla farla sentire sicura, non sgridarla in alcune situazioni, teniamo sempre lo stesso rituale per addormentarsi (e crolla sempre subito in pochi minuti) abbiamo cercato di farle recuperare il rapporto con la mamma che le mancava perché era più orientata sulle necessità del fratellino… abbiamo cercato di parlarle per chiederle se aveva qualche paura o ansia… ma lei non ricorda nulla e dice che lei la notte non piange.
Magari basta un semplice consiglio.
Grazie per l’attenzione.
Risposta
Caro papà,
sarei ben felice se bastasse un semplice consiglio. Ma come puoi immaginare, è già difficile “dare consigli”, ancora di più lo è quando non si è abbastanza vicini alla situazione da poterla valutare pienamente.
Ciononostante ho letto la tua mail con molta attenzione, e provo a dirti cosa ho pensato.
Se conosci già il mio modo di rispondere, sai quanta attenzione pongo nella scelta delle parole che mi vengono destinate. Nel mio caso, sono gli unici elementi a cui attenermi per rispondere.
Non mi è chiaro se il problema è per te più centrato sui risvegli notturni (che tu stesso ipotizzi come transitori) o su tutte le dinamiche che invece riguardano la nascita del fratellino ed il cambiamento che la vostra famiglia sta attraversando.
Ho la sensazione, dal modo in cui racconti la cosa, che la chiave di tutto sia nella frase “un malessere interno suo” [suo riferito a tua figlia].
La nostra vita è una vita di relazione: i problemi, persino per noi adulti, non sono mai isolati dall’effetto che ha su di noi il vivere in contatto con altre persone, e da come si costruisce il nostro tentativo di raggiungere l’altro o la paura di farlo e di essere rifiutati.
Figurati quanto questo può essere vero per un bambino che costruisce la sua identità proprio sui primi schemi di relazione con gli adulti più vicini ed importanti per lui.
La nascita del fratellino è sicuramente, decisamente, indiscutibilmente uno stress: e non perché c’è chi la prende bene o male, ma perché è per tutti (persino per i genitori!) un evento critico, ovvero un cambiamento importante, che sconvolge gli equilibri e costringe ad un nuovo riassetto delle dinamiche all’interno della famiglia.
La novità richiede sempre un adattamento ed una capacità di attivare risorse ed energie che per un bambino sono ancora in divenire.
Se il tuo dubbio è quindi “cosa le sta succedendo“, possiamo già tradurlo in “cosa ci sta succedendo“: siete tutti coinvolti, ognuno con il suo ruolo, ognuno con le sue responsabilità e le sue competenze.
Sembra ovvio, ma questa consapevolezza, in realtà, richiede un percorso profondo, e per avere chiaro ciò che riguarda tua figlia, è bene allargare la prospettiva e guardare un pò più in là.
Il disagio di ciascuno, in una famiglia, è intriso di difficoltà comuni e di comuni risorse per superarle.
Mi dirai che ho scoperto l’acqua calda, e che è ovvio, e che già lo sapete. Beh, scusandomi il gioco di parole, lo so che lo sapete, ma ho la sensazione (magari sbagliata) che proprio in questa condivisione della difficoltà e del momento critico qualcosa si stia inceppando.
L’esperienza significativa dell’essere in “crisi”, quella che costituisce un’opportunità (soprattutto quando riguarda un bambino molto piccolo), non è il fatto in sé ma le modalità che si attivano per fronteggiarla: ogni difficoltà della vita diventa per un bambino un’occasione di crescita se lo pone davanti all’esperienza di non essere solo e di essere sostenuto per superarla.
Questo è l’insegnamento e il dono più importante che rimane a lui come risorsa per il suo futuro: la fiducia nelle proprie capacità nasce da qualcuno che si è preso cura delle proprie difficoltà.
Da quel che racconti, quando la bimba sta lontana dalla famiglia, si “distrae”, pare stia meglio di quando invece vive immersa nel tempo familiare, delle relazioni più importanti per lei. Se davvero è così (difficile giudicare, a distanza), allora qualche riflessione è importante che sorga.
Per “riflessione” intendo disponibilità a mettersi in gioco, ad interrogarsi sul vostro nucleo familiare, a costruire un percorso che tenga conto della sua nuova (e difficile) posizione di primogenita, e del suo modo di esprimere il disagio, così semplice, ma forse per questo così chiaro.
Se hai già letto qualcuno dei miei precedenti articoli, avrai notato che ribadisco sempre alcuni concetti, anche qui ricorrenti:
- i bambini esprimono il disagio in modo “fisico”, corporeo, diretto, perché il modo più semplice ed immediato per farlo;
- i capricci (termine che non condivido molto, ma che è di uso comune) non sono una “cattiveria”, ma un modo per comunicare qualcosa d’altro;
- il problema per cui si chiede aiuto è spesso la punta dell’iceberg rispetto a tanti altri contenuti che riguardano l’intera famiglia.
Non sono in grado di valutare clinicamente la situazione attraverso queste semplici informazioni, ma credo che la lettura degli articoli precedenti possa esserti un po’ d’aiuto. In questa pagina, puoi trovare vari articoli, tra i quali la sezione “quando nasce un fratellino”.
Oltre a questo, ti invito a parlare con tua moglie: apprezzo la tua capacità di interrogarti, ed il tentativo di analizzare la situazione in modo propositivo, alla ricerca di una soluzione, credo però che il confronto con lei sia il passo necessario a valutare la possibilità di chiedere un consulto terapeutico di coppia. Sono certa che discutendone tra di voi scoprirete se propendete per il “sì” o per il “no”.
Da parte mia, credo che un consulto terapeutico sia utile non soltanto per parlare della bimba, ma per per esporre le vostre difficoltà, i dubbi, le paure, per capire come utilizzare le risorse che già certamente avete per superare questo momento di preoccupazione verso la piccola.
Ribadisco sempre che la psicoterapia non è soltanto cura della patologia, ma anche sostegno al cambiamento.
E trovo importante la possibilità di uno “spazio” per esprimere (ed esprimervi, recuprocamente) la fatica che state attraversando in questo importante momento di vita. Non ultimo, per farvi aiutare ad aiutare vostra figlia (esperienza spesso importante e significativa).
Ti ringrazio di aver pensato a noi per questa richiesta di aiuto e di consiglio, e sono certa che nella condivisione e nella vostra esperienza di genitori, troverete la strada da percorrere.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
Resto a disposizione per ulteriori dubbi, e vi faccio tanti auguri.
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