Abbiamo già parlato delle nostre regole sull’utilizzo dei videogiochi e raccontato che, volendo, i genitori hanno tutti gli strumenti per dosare e responsabilizzare i bambini su un uso consapevole di questi giochi.
Come ho già scritto, i miei hanno mezzora al giorno in cui poter giocare con iPad o Ninendo. In alternativa: o giocano con uno o con l’altro.
Le attese
Matteo è sempre stato, ormai lo sapete, un bambino tranquillo, con lui non si è mai posto il problema delle attese. Mai. Ricordo due anni fa (6 anni) un’attesa pazzesca dall’oculista: un’ora e mezza a cui si è aggiunta un’ora di visita sua e un’ora mia. Totale tre ore e mezzo. Sfido qualsiasi bambino. Ancora un ricordo: un pomeriggio me lo sono portata dietro a una visita cardiologica, aveva 5 anni e ha atteso che il cardiologo mi vistasse per 40 minuti, seduto e fermo.
Ecco, Niccolò è diverso. Niccolò è questo bimbo qui.
Con lui, devo dire il problema delle attese è sempre stato un problema serio. Che sia il pediatra, la coda alla cassa, la coda in auto, la pizza a ristorante, per lui attendere è impossibile.
In questo, i videogiochi ci sono venuti in aiuto proprio nella fase in cui risultava difficile intrattenerlo con altri giochi o con i racconti. È stata una fase breve, oggi a ristornate, disegna, chiacchiera, osserva, insomma, a 6 anni siamo usciti anche da questo tunnel “amplificato”. Ma c’è stata una fase in cui nulla serviva e mezzora di attesa a ristorante si trasformava in un incubo, per noi, per lui e per la gente intorno. Ecco allora che un puzzle sull’iPhone o un giochino di concentrazione sul Nintendo, hanno permesso a tutti di passare indenni attraverso il cunicolo dell’attesa, lasciando che anche suo fratello potesse godersi questo momento “morto” (lui che ci riesce!) chiacchierando e osservando, senza essere zittito dalle lamentele di suo fratello. E ci sono altri momenti in cui i videogiochi sono stati un valido sostituto alla gola della mamma, come, ad esempio, durante le 6 ore di coda in autostrada di quel famoso ponte ormai entrato nella storia familiare del “ti ricordi?”.
Situazioni in cui i videogiochi, anziché allearsi con l’obesità e l’alienazione dei bambini, si alleano con la serenità dei genitori.
Trasformare le regole in consapevolezza: il mio progetto educativo
Quello che conta e che non mi stancherò mai di ripetere è sempre lo stesso imprescindibile, inaggirabile concetto: l’equilibro.
Il concetto dell’equilibrio è, nella mia vita, un punto focale, in ogni situazione o ambito: rapporti umani, alimentazione, trasgressioni, movimento fisico, dinamiche di relazione. Si può fare, provare, scegliere ogni cosa ma senza dimenticare il concetto di moderazione o, per lo meno, sapendo che in quel momento non ci si sta moderando. Vale a dire con consapevolezza.
Questo significa che, quando i bambini raggiungono un’età in cui possono capire ragionamenti un po’ più articolati (che è poi la stessa età in cui io ho concesso loro l’utilizzo dei videogiochi, non prima), il concetto di equilibrio deve passare dalla testa del genitore alla loro testa. Il lavoro da fare con i bambini è quello di trasformare le parole, i divieti e le regole in consapevolezza.
Come? Ancora non lo so esattamente. È un lavoro che ho appena cominciato, vi saprò dire!
Una cosa è certa: il giorno in cui li sentirò dire “questo no, perché ho capito che…” anzichè “adesso lo faccio perché la mamma ha detto”, avrò raggiunto uno dei miei grandi obiettivi educativi: rendere i miei figli persone consapevoli.
Vorrei stampare questo post, metterlo sul comodino e leggerlo ogni mattina prima di alzarmi. Condivido in pieno il tuo obiettivo e mi accorgo ogni giorno che le strategie cambiano da figlio a figlio, ma che alla lunga, con pazienza e coerenza, i risultati arrivano. E` sempre un sollievo ritrovarti
Credo che dovrò affrontare presto l’argomento. Daniele ama già i guardare i video sul pc o sull’i-phone. Potrebbe guardare lo stesso video per millenni. Gli concedo la tv solo per mezz’ora ma ho problemi con gli altri strumenti. Quando vede il telefono del padre comincia ad indicarlo e ride. E’ difficile in questo momento dosare e responsabilizzare perchè ha 18 mesi e fargli comprendere che sono premi non è sempre facile.
Grazie per i tuoi approfondimenti e gli spunti di riflessione che ci dai.
Raffaella