Domanda
Gentile dottoressa Agnone,
vorrei esporle il mio problema se non le spiace.
Sono sposata da 15 anni e ho un figlio di 14.
E’ un ragazzino emotivo, insicuro che soffre di attacchi di panico e stati d’ansia.
La causa principale è stata non tanto i vari problemi di salute che ha avuto nel corso degli anni, ma il carattere immaturo e scostante del padre: lo umilia, lo mortifica, lo offende, e non lo considera proprio.
Sono rari i momenti in cui si occupa di lui, salvo poi passare dalla coccola all’insulto o allo schiaffo.
Dopo un episodio grave, in me è nata una sorta di indifferenza nei suoi confronti, pensi che lo porto dallo psicologo e lui aspetta in macchina, e non chiede nemmeno com’è andata la seduta.
Non voglio prendere decisioni affrettate, ma io quando lui è a casa sto male.
Il ragazzo si agita, e lui a casa non c’è mai, ma se c’è è irascibile, maleducato e violento.
Ma quando non c’è noi siamo tranquilli. I parenti cercano di vedere in me i motivi dei disagi di mio marito: soprattutto mia madre che ribadisce la sacralità del matrimonio oppure propone di andare da lei. Cosa che non mi sognerei mai. Sono del parere che i panni sporchi si lavino in famiglia.
Questa situazione si è creata per i suoi incontri in chat, password e codici sul cellulare che tiene sempre accanto a sé, e da parte mia c’è stato il massimo impegno nel salvare il matrimonio.
Sono andata dove lui ha voluto, l’ho coccolato, assecondato… ma ora c’è il gelo nel mio cuore.
Non mi va nemmeno di occuparmi di lui, né della casa. Ora sto iniziando una cura antidepressiva perché piango sempre…e ho poco appetito.
Perciò adesso sotto psicofarmaci siamo in due: io e mio figlio. Mi aiuti la prego mi sembra di impazzire.
Un caro saluto!
Isabella
Risposta
Cara Isabella,
grazie per il coraggio con cui ci fai dono del tuo dolore attraverso questa lettera.
L’ho letta con molta attenzione.
Nelle tue parole mi sembra ci sia chiarezza: questo è per te un ottimo punto di partenza, almeno per quel che riguarda il come ti rappresenti il problema.
In questa situazione emerge chiaramente, attraverso i vostri sintomi, il dolore di una famiglia: dolore non facile da affrontare, che vi sta mettendo tutti a dura prova.
Mi parli di psicofarmaci. Un dato statistico ci dice che quasi il 10% della popolazione italiana ne fa uso.
Riguardo a questo, voglio fare mie le parole di un mio maestro ed amico, Gianni Francesetti, quando asserisce che affrontare soltanto con i farmaci una patologia, come ad esempio la depressione, equivale a toglierle la parola e privarsi di comprendere quale verità il sintomo vuole svelarci.
Soltanto il comprendere la verità del dolore ci permette di superarlo e di guarire, e questo non è possibile se non dentro la relazione con un eltro pronto ad ascoltare, accogliere, riformulare sia il dolore che il suo silenzio.
Leggo le tue parole per me come un appello, una richiesta fatta ad una persona che certamente non può prescriverti farmaci, ma soltanto ascoltarti.
Penso che la bellezza di questo gesto che oggi compi attraverso questa pagina web può diventare ancora più grande e più forte se fatta al di fuori.
E’ impossibile, infatti, separare il sintomo dalla relazione, e proprio per questo mi sento di dirti, per confortarti in questo momento difficile, ben venga il sintomo: se ascoltato, è una luce nell’oscurità (intesa come mancanza di consapevolezza), una guida, una direzione.
Andare verso una relazione terapeutica, in questo caso, significa dunque cercare quel luogo di incontro con l’Altro in cui creare un nuovo senso per sé e per la propria vita, non per ricevere un senso prestabilito, ma per costruirlo con le proprie mani.
Soltanto attraverso questo difficile percorso, in cui tuttavia non si è mai soli, è possibile riacquistare i propri poteri, percepirsi efficaci e colmi di speranza.
Accompagnare qualcuno è aiutarlo a guarire. Questo presuppone la possibilità di percepire il terapeuta non come “guru”, come qualcuno che infonde dall’altro la propria ricetta per la felicità, adattando il paziente a un modello precostituito di “salute”. Ognuno ha la sua strada, il suo ideale di vita, la sua storia.
Isabella, penso che in questo momento la tua famiglia abbia bisogno di qualcuno che si prenda cura dei vostri sintomi, e vi aiuti a rileggerli in chiave nuova.
Non so quanto sia possibile che tu e tuo marito andiate insieme, ma ritengo che, anche se ormai non è più possibile salvare il salvabile, sia importante lavorare sulla vostra separazione, e soprattutto sul vostro ruolo genitoriale.
Non ho dubbi sul fatto che ciascuno di voi ami questo ragazzo, e che lo faccia a suo modo, anche quando il dolore e le difficoltà prevaricano su tutto.
E’ importante però che impariate a distinguere le cose, a comprenderle, e a non lasciare che la sofferenza, l’astio, o il rancore si riversino su vostro figlio, che attraversa una fase delicatissima della sua crescita.
Il senso di una terapia di coppia, anche di breve durata, può essere senz’altro questo: fare chiarezza.
Diverso è il tuo bisogno, data la sintomatologia che hai sviluppato: un percorso di terapia personale può servirti anche sul lungo periodo, ed io ritengo sia indispensabile affiancarlo alla cura farmacologica (che riguarda l’emergenza, ma non la risoluzione definitiva).
Riguardo a tuo figlio, invece, sono fermamente convinta che la sua terapia non progredirà del tutto (benché ne trarrà importante giovamento) finché tu e tuo marito non chiarirete la vostra relazione.
Ogni genitore, ogni coppia genitoriale (anche in caso di separazione) è per ogni individuo lo sfondo da cui si origina ogni certezza, quel ground di sicurezza scontata che rappresenta il terreno sui cui muoviamo i nostri passi nella vita.
Quando lo sfondo viene meno, tutto diventa allarmante, caos. Non è possibile vivere con serenità senza la sicurezza di punti di riferimento stabili e fiduciosi.
Credo che questo sia, in questo momento, il compito tuo e di tuo marito: diventare dei punti di riferimento per questo ragazzo, aiutarlo ad orientarsi nel mare della vita, a prescindere dalle vostre ferite personali.
Ti auguro un buon lavoro, dal più profondo del cuore, e ti faccio i miei migliori auguri.
[…] Se vuoi leggere una storia che parla di questo, clicca qui. […]