Domanda
Buongiorno Dottoressa,
mi chiamo Alessandra, ho 34anni ed ho 2 bimbi di 7 e 9 anni.
Sono divorziata e da 4 anni i bambini vivono entrambi i genitori, 4 giorni con me e 3 con il padre. I rapporti tra me ed il padre non sono sempre facili, come nella maggioranza di queste situazioni.
L’ anno scorso, il maschietto di 9 anni, ha avuto un periodo di tic nervoso, della durata di circa 1 mese ove sbatteva gli occhi in modo frenetico. L’ abbiamo portato dall’ oculista il quale ha escluso ogni problematica organica;il problema si è risolto spontaneamente.
Quest’ anno, da circa un paio di settimane, il problema è ricomparso, ma in modo più intenso: il bimbo oltre al movimento con gli occhi, gira il collo a destra e sinistra socchiudendo gli occhi.
Mi piacerebbe avere qualche informazione e sapere se è il caso di far vedere il piccolo da uno specialista o aspettare e cercare di farlo vivere semplicemente nel modo più sereno possibile.
La ringrazio per l’ attenzione, Alessandra.
Risposta
Cara Alessandra,
puoi trovare in questo articolo che ho già scritto le informazioni che mi chiedi sui tic nervosi.
I contenuti che troverai sono di carattere medico generale, ed esulano un pò dalla prospettiva relazionale, che invece in questo momento riterrei più significativa, dal momento che le indagini cliniche sono state già effettuate e non restituiscono referti positivi (intendo che non è stato rilevato un danno organico dall’oculista).
Sono propensa, al contrario, ad un consulto di tipo psicoterapeutico presso uno specialista che si occupi non solo di problematiche relative all’infanzia, ma che abbia competenze anche in ambito familiare.
In questo articolo puoi trovare qualcosa che ho già scritto in proposito: sono fermamente convinta che il tic, in quanto “sintomo”, esprima un messaggio per l’adulto che il bambino formula laddove con le parole non può e non sa dire.
Di certo esprime un disagio, e trovo corretto che la sua richiesta trovi ascolto e aiuto. Comprendo benissimo che non è facile accettare la sofferenza di un figlio, ma voglio ricordarti che i “problemi” nascondono anche delle opportunità, e questo vale per tutti i membri del nucleo familiare.
È importante però che si riconosca il valore di questo messaggio e che ci sia la dovuta disponibilità a “mettersi in gioco” e a partecipare ognuno secondo il suo ruolo e le sue competenze.
Per questo ritengo che il tic di tuo figlio debba trovare le parole per esprimersi, ma senza per questo “responsabilizzarlo” di essere “il paziente” della situazione: tuo figlio certamente ha la sensibilità per manifestare qualcosa che non è ancora chiaramente espressa nelle vostre dinamiche familiari, ma di certo non ne è l’unico protagonista.
Penserei, quindi, con il papà dei bambini, di lavorare insieme per una maggiore consapevolezza sullo stato d’animo di tutti. Ho pochi dubbi, infatti, che il tic di tuo figlio si accompagnato da vissuti che riguardano anche voi genitori: come state voi in questo periodo? Cosa state affrontando, in che fase della vostra vita siete?
Come vi fa sentire questo comportamento del bambino?
Mi dici tanto del tic, ma se provassimo a “spostare l’inquadratura“, cosa vedremmo intorno a questo “quadro della situazione” su cui stiamo puntando la nostra attenzione?
È come se in questo momento il tic di tuo figlio facesse da figura in primo piano, ma intorno ha sé ha uno sfondo, forse più silenzioso, senza il quale però non potrebbe esistere.
Il lavoro che va fatto, in questo caso, è proprio quello di agire sullo sfondo: dando meno importanza (ma non per questo senza sostenere il disagio del bambino) al sintomo in sé e lavorando invece sulle dinamiche familiari che lo sottendono.
Questo è un lavoro che spetta a voi genitori: per intenderci, ho la sensazione che non è “portando il bambino (da solo) in terapia” che si risolverà la cosa.
Come dico spesso, lasciamo che i bambini facciano i bambini: riconosciamo a tuo figlio la sensibilità di essersi fatto “portavoce“, e lavoriamo per dargli la possibilità di uscire da questo ruolo e far parlare anche voi.
Il mio suggerimento è quindi di prendervi cura di lui occupandovi di voi stessi: aiutando i genitori, infatti, si aiutano anche i loro figli.
Un lavoro di questo tipo, tra l’altro, vi permetterà di fare chiarezza sulle risorse che avete come genitori (anche se non più conviventi), ed è su quelle che dovete puntare per costruire un progetto che sia di aiuto ai vostri figli e che li valorizzi.
La separazione dei genitori non è mai un tema semplice per una famiglia, e le sue dinamiche hanno ripercussioni anche lontane nel tempo, soprattutto perché si evolvono insieme all’età dei figli, e di conseguenza anche dei genitori.
Crescere insieme significa imparare a prendersi cura, del disagio come della normale crescita, dei piccoli in primo luogo, ma anche degli adulti.
Questo è uno dei temi più importanti nei quali è impegnata ogni famiglia, e sui quali si costruisce l’identità di ogni adulto: avere dei buoni modelli di accudimento sarà estremamente utile ai tuoi figli come uomini di domani, magari a loro volta genitori.
Riconosco il coraggio e la capacità che hai avuto di cercare soluzione a questa situazione, e ti auguro che possa risolversi nel migliore dei modi.
Il mio augurio per voi, e la disponibilità per ulteriori chiarimenti.
bietolina dice
Ricordo …un bambino che accusava lo stesso tic nervoso…
La nonna….che portava quasi sempre lei il bimbo al nido, dava la colpa di tutto cio’ al recente cambio di educatrici, tra le quali io che ero appena arrivata, ho provato a spiegarle che i bambini si adattano abbastanza in fretta a certi cambiamenti e che solitamente chi ne soffre di piu’ sono i genitori. Io sapevo che i genitori del bimbo non stavano assieme e lui vedeva il papà raramente, lo cercava spesso…..
Ma la nonna si ostinava a dire che con lei stava bene e non aveva problemi….:/