Domanda
Gentilissima Dottoressa,
sono una maestra della scuola dell’Infanzia e quest’anno ho inserito nella struttura scolastica in cui lavoro mio figlio di 2 anni e mezzo (anticipatario) ma non in sezione con me poiché il mio Dirigente non me lo ha permesso.
Ha ritenuto che sarei stata col piccolo o troppo permissiva o troppo severa.
Il problema è che mio figlio si dispera, soffre e non accetta di frequentare la sua sezione e di conseguenza le sue insegnanti, perché è consapevole che la sua mamma è lì e vorrebbe stare con me.
Ho chiesto al Dirigente se mi concedeva il trasferimento di mio figlio nella mia sezione e lui è stato irremovibile, anzi ha aggiunto che devo staccare il “cordone ombelicale” da mio figlio ma io so che non c’è nessuna legge che lo vieta. Premetto che non posso (per motivi logistici) iscriverlo in un’altra scuola.
Come posso risolvere questo problema? Io voglio la serenità del mio bambino e sapere che si dispera mentre io sono nella stanza di fianco mi si spezza il cuore e non riesco a lavorare bene.
Le mie colleghe hanno avuto tutte i propri figli con loro e sono cresciuti senza alcuna problematica relazionale, intellettiva. (Mio figlio ha ricominciato a farsi anche la pipì a letto). Mi dia un consiglio. Se può rispondermi subito perché devo risolvere questa situazione quanto prima.
Grazie.
Risposta
Carissima,
nella tua mail si tocca il tema delicatissimo dell’inserimento scolastico, e di quanto crescere sia davvero difficile.
Da una parte c’è il tuo essere mamma e la necessità di lasciare andare tuo figlio in un ambiente che non è più quello domestico: già questo passo, da solo, necessiterebbe di tanta cura e tanto sostegno, per il fatto di rappresentare una tappa delicatissima nella crescita di un bambino e della sua famiglia.
D’altra parte, c’è anche il tuo essere donna, lavoratrice ed insegnante, in un contesto in cui i rapporti col Dirigente non sono come tu desidereresti. Le tue richieste, infatti, non vengono accontentate, e ti senti trattata diversamente dalle colleghe che hanno avuto l’opportunità di tenere in classe i loro figli.
In questo clima, non di certo sereno, tuo figlio vive la difficoltà a fidarsi di un contesto in cui tu per prima non ti senti accolta e considerata.
Partiamo dal presupposto che per nessun bambino è facile compiere il passaggio dall’ambiente familiare a quello scolastico: ognuno reagisce a suo modo, in base alla propria storia, al legame di attaccamento, alla propria personalità. Per tutti cominciare la scuola rappresenta un passo importante, che richiede un adattamento significativo, una fatica notevole e molte rinunce.
Ma sappiamo bene che l’ingresso a scuola è soprattutto fonte di opportunità, scoperta di nuove risorse, possibilità che altrimenti sarebbero precluse.
Cimentarsi con la novità e con la diversità fa crescere.
Tutto questo vale se tu sei la prima a crederci, diversamente il messaggio che passerà sarà che questa difficoltà è insormontabile, e che tuo figlio non può sopravvivere lontano da te. E’ questo che pensi di lui, di voi?
Non possiamo aspettarci che i bambini facciano questo passo da soli: dobbiamo sostenerli, sia come genitori che come insegnanti.
Questo significa non spaventarci davanti alle difficoltà, del tutto sane e normali, che non sono segno di un disagio insormontabile, ma semplicemente l’espressione di un messaggio : “Mamma, com’è difficile!”
Io credo che tuo figlio, come altri bambini all’inizio della scuola, stia facendo questo: stia chiedendo aiuto. Nel modo in cui sa, senza troppe razionalizzazioni. Lui sente che non è facile, e piange.
Il modo in cui aiutarlo, il messaggio di fiducia che puoi infondergli, puoi sceglierlo solo tu, credendo fermamente nel fatto che lui può farcela (e che di conseguenza anche tu puoi).
Credo che il primo passo da fare sia analizzare i fatti al di là delle difficoltà valutando quali sono le risorse in questo contesto: potrei suggerirtene alcune, ma è importante che sia tu a trovarne.
Mi pare esclusa la possibilità di riorganizzare diversamente la situazione (dici non poterlo iscrivere in un’altra scuola), quindi è necessario far leva sugli aspetti positivi.
Se hai scelto di iscriverlo a scuola, consapevolmente, sapendo che non sarebbe stato in classe con te, devi anche aver considerato che questa fosse una buona scelta per lui, e quindi anche per te.
Il fatto che non ti aspettassi (come credo) questo disagio iniziale, che è evolutivo (mi preoccuperei infatti di un bimbo che non ha reticenza alcuna a lasciare la sua mamma!), adesso, non deve farti dimenticare che la scuola è innanzitutto un’opportunità, e non di certo un castigo inflitto con cattiveria.
Ma quale scuola, quali opportunità?
La scuola nella quale tu ed il tuo bambino entrate ogni giorno è l’ambiente di lavoro in cui non ti senti accolta, compresa, sostenuta nelle tue necessità.
Trovo che sia difficile per lui avere un atteggiamento diverso dalla sfiducia, ma nello stesso tempo questo rappresenta il cuore del problema: non il suo inserimento, ma il conflitto organizzativo che ti fa sentire discriminata.
Occorre allora che tu faccia qualcosa di concreto per uscire da questa empasse.
I temi fondamentali riguardano la tua relazione con il Dirigente, il tuo rapporto con le colleghe (soprattutto con le maestre di tuo figlio, con le quali potresti cercare una buona “alleanza” per superare le difficoltà) e la conciliazione tra il tuo ruolo di insegnante e quello di mamma.
Comprendendo la tua urgenza, ammetto che non dev’essere immediato trovare delle soluzioni, soprattutto perché il tema non riguarda te soltanto, ma un intreccio di relazioni, intime e professionali.
Credo, tuttavia, che il pianto di tuo figlio, sia solo conseguenza e non causa della difficoltà che stai vivendo.
Il consiglio che mi sento di darti è di non fare tutto da sola, e di rivolgerti ad un professionista che ti aiuti a valutare gli elementi della situazione che vivi, e ad estrapolare gli aspetti positivi della scelta di inserire il bambino a scuola (e nella tua scuola). Qualcuno che ti sostenga, e che ti aiuti ad aiutare.
È necessario che tu possa trovare il modo concreto di affrontare le questioni che riguardano le tue relazioni professionali, così da trovare un modo autentico di essere te stessa, come insegnante e come mamma. Questo è vale non solo per la relazione tra te e tuo figlio, ma anche per la serenità con cui è importante che tu svolga il tuo lavoro.
Concludo con un’osservazione della collega Gloria Bevilacqua, con la quale mi sono confrontata, che mi è piaciuta particolarmente: la tua presenza a scuola, nella classe accanto, può essere per te e per tuo figlio un’opportunità, e non un problema.
Questo è il mio augurio ed il messaggio di incoraggiamento per voi, che possiate scoprirlo e viverlo presto.
In bocca al lupo e buona crescita.
bietolina dice
Io ho avuto Alessandro nella struttura dove lavoravo….inserito che aveva un anno e poco piu’ e fino all’anno e mezzo mi ha considerata poco ….stava bene era sereno e se mi vedeva passare mi salutava….Poi dopo le feste di Natale vuoi per la sua crescita o carattere al mattino fare l’accoglienza tutti assieme era dura… era geloso..e questa gelosia era a fasi alterne fonte di malessere.
La sua maestra e mia collega è sempre stata fantastica con noi e io dal canto mio non l’ho mai messo da parte ma nemmeno gli ho dato privilegi…
Quest’anno mi è capitato di stare nella sua sezione per due settimane per una situazione e mi sono resa conto che non è una situazione sana e da vivere , a meno che non si parli di un nido famiglia …io mio figlio in sezione non lo vorrei nel per il suo ne per il mio bene…
GABRY GRIMM dice
BUONGIORNO ! RIGUARDO TUTTO QUESTO IL MIO CONSIGLIO : NO , NON E GIUSTO CHE IL FIGLIO E LA MAMMA ESSERE INSIEME. LEI COME MAESTRA NON PUO FARE MAI IL SUO LAVORO GIUSTO. DA ALTRA PARTE PEGGIO PER SUO FIGLIO ,LUI NON PUO CRESCERE ED IMPARARE TANTE COSE.POI NASCE LA GELOSIA NELLA CLASSE TRA I COMPAGNI .SECONDO ME NON E GIUSTO .RENDERSI CONTO , CHE SI VUOLE VERAMENTE BENE AL SUO FIGLIO DEVE ESSERE FORTE A CAPIRE DA DARE IL MIGLIO PER LUI .UN DOMANI SARA SORPRESA DEI BEI RISULTATI LASCIANDO IL FIGLIO LIBERO SENZA PRESENZA SUA NELLA CLASSE.