Domanda
Cara dottoressa, sono un papà di 31 anni ho un figlio di due anni.
Da circa due settimane si rifiuta di fare la cacca nel pannolino, ci dice sempre la cacca non c’è più, gli dobbiamo fare ogni tre giorni un microclisma per farlo andare, altrimenti non la farebbe.
Il bambino non accusa dolori, è un rifiuto perché poi quando gli facciamo il microclisma le feci appaiono morbide e compatte. Vorrei un forte consiglio grazie.
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Caro papà,
il tema che ci permetti di trattare è un tema bello e delicato. Parliamo di sfinteri, una parte del nostro corpo posizionata così vicina agli organi sessuali, una parte del nostro corpo così privata, così intima. Lo è per noi ma anche per i bambini.
Come adulti ci è molto chiaro quali sono i diritti relativi alla nostra privacy, alla nostra sessualità, all’intimità del nostro corpo. Ma per i bambini, talvolta, sembra che questa intimità, proprio perché piccoli, debba funzionare in modo diverso dalla nostra.
Eppure, la nostra intimità si costruisce proprio nei primi anni della nostra vita!
Quando si affronta il percorso di “educazione al controllo degli sfinteri” (che brutta espressione, vero? Eppure è ancora frequentemente definito così) si fa i conti proprio con queste tematiche. Ed è per questo che mi piace più definirlo un percorso di scoperta, da parte del bambino, della propria capacità di controllo.
Senza un approccio di questo tipo, la situazione si complica.
Di “cacca, pipì ed emozioni” hanno scritto tanto, anzi tantissimo. Rischierò di ripetermi entrando in questa tematica molto vasta. Vorrei solo sottolineare il momento in cui avviene questo “processo”, ovvero quella fase della vita in cui il bambino comincia a tentare il percorso vero l’autonomia.
Gli sfinteri non sono solo una parte del proprio corpo, ma anche -“geograficamente”- quella zona di confine tra noi e l’altro: il “luogo” che regola il limite tra dentro e fuori, me e non-me.
Se il corpo del bambino trova il sostegno adeguato, nella capacità di accoglienza che si esprime attraverso voce, postura, tono muscolare, modalità del respiro del genitore, questa fase procede naturalmente. Se invece il bambino incontra l’ansia o la preoccupazione del genitore, il suo respiro agitato, la sua tensione quando lo tiene in braccio, il bambino si irrigidirà.
Sappiamo già che lo sfintere anale fa riferimento al dare, al metter fuori qualcosa che è dentro il corpo. Non è solo un atto meccanico, è un vero e proprio percorso relazionale che ha come protagonisti il bambino/mittente e il genitore/destinario che accoglie ciò che il bambino mette fuori.
Quante volte noi genitori siamo “giudicanti” rispetto a cacca e pipì del bambino? Quante volte, anche quando sono più grandi, facciamo passare il concetto di “si deve/non si deve fare” o “sei stato bravo/ non bravo” nel farle?
Tutto questo al bambino arriva e lui lo sa.
È per lui un cocktail di emozioni fortissime, ed il modo in cui vi reagisce è vario e personale.
Non ho scritto tutto questo per farti pensare che la situazione sia grave, ma per riflettere su come spesso diamo per scontati alcuni dettagli che possono fare la differenza.
Non si può ridurre l’atto del defecare ad un “mero” atto fisiologico o meccanico, senza considerare che alle sue spalle c’è tutto un mondo di vissuti e di relazioni tra lui e voi.
Come trainer di psicoprofilassi al parto, sugli sfinteri ho imparato delle cose molto interessanti che mi hanno successivamente illuminato anche sullo sviluppo di questa competenza nei bambini e in tutte le comuni problematiche che frequentemente vengono trattate coi genitori sull’argomento.
Queste le leggi enunciate dalla famosa ostetrica Ina May Gaskin sulla teoria degli sfinteri:
- Gli sfinteri sono controllati dalle emozioni: funzionano molto meglio in un clima sereno, dove non sono presenti vissuti contrastanti o tensioni.
- Gli sfinteri funzionano meglio in un’atmosfera familiare e intima (vi è mai capitato di non riuscire ad andare in bagno fuori casa, e di riuscirci solo tornati a casa vostra?) e non obbediscono agli ordini, nemmeno ai nostri (figuriamoci a quelli altrui)!
- Gli sfinteri si contraggono involontariamente quando siamo spaventati o vergognati (cosa c’è di più ovvio di una risposta del corpo quando abbiamo qualcuno vicino?).
- La mia preferita: gli sfinteri si rilassano quando una persona ride! E nello stesso tempo, la respirazione lenta e profonda li rilassa, insieme alla temperatura tiepida.
Questi enunciati, pensati per le donne in prossimità del travaglio, sono estremamente calzanti per ciascuno di noi, e ci spingono a molte riflessioni.
Aprire, lasciare andare: un percorso così importante e misterioso, che avviene entro una relazione di fiducia che mai può essere forzata o costretta, a scapito di un grande disagio emotivo (e fisico!).
Spero che la mia interpretazione sull’argomento ti sia stata di aiuto, non solo nella comprensione, ma anche nelle possibili soluzioni che facilmente scaturiscono da questo discorso.
Ti faccio i miei migliori auguri, e resto a tua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Buon viaggio.
Marcella Agnone Psicologa Psicoterapeuta
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