Quando mi chiedono: “leggi tanto? Quanto leggi?”, non so mai come rispondere. Alterno periodi in cui leggo anche cinque libri al mese e periodi in cui a malapena ne finisco due. Dipende dal momento e, spesso dipende anche dal libro. Ci sono libri che mi richiedono un mese intero, non perché non mi piacciano (i libri che non mi piacciono ho da poco imparato a chiuderli anche senza terminarli. Ci sono voluti 40 anni per capire che il tempo va riempito di bellezza, ma ce l’ho fatta!), ma perché vanno riflettuti o perché scavano in una parte di me che non sono pronta a scoperchiare e osservare da vicino, come mi sta accadendo in questi giorni con Se chiudo gli occhi il romanzo di Simona Sparaco, la storia di un padre e una figlia, assenze, vuoti, silenzi, non detti. Il racconto di un viaggio per imparare a perdonare e a perdonarsi.
“Negli anni non ho fatto altro che attribuirti responsabilità sulle mie mancanze, affetta da una miopia che m’impediva di cogliere, nei tuoi errori, le mie opportunità. Perdonarti è stato come rimetterci al mondo entrambi. Liberarti. Liberarmi. E tornare a splendere”.
Da quando ho figli ho potuto approfondire alcune questioni legate al piacere della lettura e al senso ultimo del dedicare il proprio tempo a un libro.
Io leggo. Simone anche. Ed è un libraio. I nostri comodini debordano di libri. In casa nostra si parla spesso di libri, autori, racconti e saggi.
Eppure con i bambini è una lotta continua. L’estate scorsa Matteo ha letto otto libri. Non libricini o racconti, ha letto otto romanzi, tra i classici per ragazzi: speravo si fosse appassionato. Ma no. C’è sempre qualcosa di più interessante da fare prima di prendere in mano un libro.
Niccolò anche. Ieri sera, dopo aver trovato in cartella un libro che avrebbe dovuto restituire oggi senza aver letto una sillaba, si è immerso nella lettura e lo ha quasi finito. Quando legge, poi gli piace. Ma prima è una lotta. Una negoziazione.
Eppure mi avevano detto che i figli “certamente” imparano ad amare la lettura se vedono che i genitori leggono. Ogni anno è buono per sfatare e smontare qualche luogo comune di troppo. Però stavolta mi dispiace perché la lettura aiuta a comprendersi e dunque a comprendere.
La seconda riflessione è il frutto degli 11 anni di Matteo. 11 anni sono un’età in cui non sono più bambini ma non sono ancora ragazzi. Un’età in cui non vogliono più stare al tavolo con i bambini ma desiderano condividere una cena tra adulti: lo vedo che cerca gli adulti, quando ceniamo con qualcuno, a casa o fuori, però lo vedo anche in difficoltà sulla conversazione. E questo per sua stessa ammissione: mamma, quando sono in mezzo agli adulti, a parte scuola e sport mi sembra di aver poco da dire.
Ecco, qualche giorno fa gli spiegavo che leggere è importante anche perché ti mette a disposizione non solo nuove conoscenze ma nuovi argomenti da condividere, anche con gli adulti. La lettura genera capacità di comunicare.
Leggere è una gravidanza: di parole, idee, spunti, informazioni, riflessioni, sensazioni. I libri ti permettono di socializzare, condividere, ragionare con qualcuno. Se leggi non resterai mai senza parole. E non solo perché potrai parlare del libro in sé, ma perché la lettura è un atto creativo. Le migliori idee mi sono venute leggendo. Le analisi più lucide anche.
Il libro è un alleato dei genitori e vi spiego perché in poche parole: leggendo, i nostri figli costruiscono la loro autonomia e dunque strutturano la loro identità.
Vi pare poco?
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Questo post partecipa alla campagna Giunti “Leggere ci rende più forti” #leggerecirendepiùforti
Ciao Silvia , io credo che un libro , anZiquel libro (in un determinato momento , ) salvi la vita , ne sono convinta . Mi è piaciuta la tua frase sul concederti la bellezza , riempirti di essa , io ci sono arrivata dopo di te , cq l imp e ‘farla entrare e propagar la
Ciao ti leggo da tanto…i miei hanno 7-5 ed ho il tuo stesso problema se legge Nicolo’gli piace poi ma all inizio aaaaa…anche perche’nn riesco sempre a trovare il libro giusto…sapresti consigliarmene qlc?Grazie