Domanda
Buongiorno dottoressa, sono abbattuta e ho bisogno di un consiglio.
Nonostante tutto il mio impegno e la buona volontà, mio figlio continua ad avere i soliti problemi comportamentali.
Bambino di quasi 5 anni, frequenta l’asilo da quando ha 6 mesi e gli piace, è allegro, intelligente, stimolato, seguito, disponibile e collaborativo, ma arrabbiato e non capiamo perché.
Perfezionista e preciso, non sopporta se qualcuno “non alla sua altezza” lo disturba e rovina lo svolgersi regolare del suo gioco, ben integrato nel gruppo gioca e subisce “dispetti” quasi impassibile, finché improvvisamente si scatena in una rabbia furiosa, raggiunto il limite di sopportazione comincia a sudare, urla tutto rosso in viso, una vera e propria crisi di rabbia, poi parte la spinta, il pugno, il sasso scagliato contro al bambino di turno.
Subito dopo si accorge del danno e seguono lacrime, disperazione e tentativi di giustificazione. Sempre uguale, all’asilo, come al parco, come in spiaggia, ovunque. La punizione è, a seconda della gravità, lo sculaccione o l’allontanamento dal gruppo e relativa ramanzina: “quando capisci che ti stai arrabbiando, allontanati dal bimbo che ti fa arrabbiare, o chiama un grande, fatti aiutare e non farti giustizia da solo!”. Ma non funziona.
Sto provando a fargli fare attività extra, l’abbiamo iscritto in piscina, lo portiamo ai compleanni, nei parchi, ma sembra che con la stanchezza fisica la situazione peggiori. Per onestà devo dire che la situazione famigliare non è quella del “mulino bianco”, ci sono tensioni tra me e mio marito, dovute a caratteri molto diversi e al logorante tran tran quotidiano, momenti in cui ci ignoriamo per non litigare, momenti in cui litighiamo, anche davanti a lui, sbagliando, lo so.
So che noi adulti dovremmo lavorarci su, ma anche noi siamo esseri umani!
Il 90% delle attività famigliari vengono svolte da me che lavoro 8 ore al giorno, lontano da casa, nonostante la stanchezza cerco di mantenere sempre e comunque sorriso e massima disponibilità soprattutto nei suoi confronti, per i giochi serali, la favola, la doccia con gli spruzzi, e dedicandogli il week end completo.
Il risultato è ovviamente che lui è molto attaccato a me, insieme stiamo bene, mi aiuta nelle faccende domestiche, accetta i miei no, difficilmente abbiamo scontri. Il padre per ora è un “personaggio secondario” della famiglia. Ma se fosse questo il problema ci sarebbero milioni di bambini arrabbiati in giro.
Per darle un quadro completo del bambino credo sia necessario dire che abbiamo anche qualche problema con il cibo e con le paure. Ho allattato fino ai 2 anni, felice di farlo, poi ho deciso di smettere (stremata dalle continue sveglie notturne), lui non ha fatto tutta quella fatica che mi aspettavo, ma nonostante uno svezzamento abbastanza regolare, ha via via selezionato gli alimenti con cui si nutre, scegliendone una limitata gamma, a mio avviso più per motivi estetici che di gusto. Adorava i legumi e il minestrone, ora non li mangia più, li guarda e dice “che schifo!”.
Con la stessa dinamica valuta anche le persone, con quelle esteticamente brutte fa fatica a rapportarsi. Brutto da dire, ma è così. Per quanto riguarda le paure, dall’anno scorso ha cominciato ad avere il terrore dei rumori forti, dei temporali, e di girare solo per casa. Nei luoghi pubblici, all’aperto e nelle altre case, nessun problema, anzi, è molto autonomo e indipendente. Noi abbiamo vissuto il terremoto di maggio 2012, ci siamo svegliati alle 4 di notte, tutti urlavano e scappavano fuori dalle case, io l’avevo in braccio, non ho urlato e continuavo a ripetergli di stare tranquillo, ma avevo i piedi che sanguinavano e tremavo, credo che in lui sia rimasto un trauma, che trasferisce sui disegni come temporale. Da quella notte, dopo un periodo in tenda, è tornato a dormire nel lettone con noi, un po’ perché aveva paura lui un po’ perché sono io che lo voglio vicino.
Sono una persona molto pratica, vorrei capire dove sbagliamo, cosa fare quando ha le sue crisi, cosa dirgli, come reagire, se ci sia un comportamento giusto da tenere, come smussare ora certi angoli che crescendo gli daranno certamente dei problemi nella vita sociale. Gli voglio un bene pazzesco, non voglio che soffra per questo suo “caratteraccio”.
Grazie infinite.
Risposta
Carissima,
comincio dalla fine: dato che sei una persona molto pratica, cercherò di essere sintetica proprio per praticità.
La lunghezza e la completezza del tuo racconto, infatti, imporrebbero non solo una lunga risposta, ma anche molti temi su cui lavorare. Alcuni di questi ti saranno sicuramente familiari, se hai letto gli articoli che curo su questa rubrica (ti suggerisco, ad esempio, questo articolo, così come il tag”rabbia”che racchiude diversi articoli su sul tema della rabbia nel bambino).
La mia risposta, probabilmente, non ti piacerà, ma non farei il bene di nessuno se non ti facessi notare alcune cose che mi hai scritto.
Comincerei dal fatto che, nelle tue prime righe, ho subito visualizzato due figure: da una parte tu (voi, se includiamo il papà) che ti impegni e fai di tutto anche se invano, e dall’altra tuo figlio, che, nonostante la tua buona volontà, non vuol saperne e ha i SUOI problemi comportamentali.
Ecco, probabilmente la prima cosa di cui parlare è chiederti se questa separazione netta tra il tuo impegno e i suoi problemi ti fa pensare ad un gioco di squadra o ad una lotta.
In una famiglia non esistono “i suoi problemi/i miei problemi”, ma i NOSTRI problemi. Tutto è collegato, e se non siamo in grado (perché, come scrivi tu, siamo “umani”, e dunque presi dai tanti problemi quotidiani, oltre che logicamente dentro a dinamiche che ci fanno mancare di obiettività) di comprendere in che modo si incastrano le cose tra di noi, membri della stessa famiglia, allora siamo destinati a scervellarci senza trovare una soluzione. Oltre che a soffrire, ad alto costo soprattutto dei più piccoli.
Cosa potrei prospettarti? Tu stessa lo dici, tuo figlio è arrabbiato. E finché non si troverà la causa della sua rabbia, non ci sarà modo che lui possa trovare “strategie” per calmarsi.
Inutili, e assolutamente deleterie le punizioni che hai prospettato: non solo non sedano la rabbia (anzi la accrescono), ma lo fanno sentire molto più solo ed incompreso di quanto già sia.
Credo piuttosto che tuo figlio abbia molto bisogno di essere ascoltato, probabilmente ad un livello che non è quello già approcciato, ma diverso. Cinque anni sono davvero pochi per chiedergli quello che gli avete chiesto: sentire crescere la rabbia, riconoscerla, prendere provvedimenti… io stessa, che sono un adulto maturo e navigato, talvolta sono incapace di portare avanti questo iter!
Non credo proprio che lui abbia un “caratteraccio”: credo invece che questo sia uno stigma che, se non interverrai in tempo, si porterà dietro per tanto tempo, se non nella vita, se non altro nella relazione con te.
Come intervenire? Nel modo più difficile: mettendoti DAVVERO in discussione. Si fa presto a dirlo, ma tra il dire e il fare il passo non è breve. Credo che tu e il suo papà abbiate da chiedere un consulto, come genitori e come coppia, ad una persona che sappia incontrarvi, sostenervi, aiutarvi a leggere la situazione nelle sue diverse sfaccettature per trovare soluzioni.
E’ importante che gli parliate di voi, ma anche del bimbo: si valuterà se osservarlo, in una sessione ludica, e provare a dare un sostegno anche lui, evidentemente provato dal punto di vista emotivo.
Credo che un semplice diversivo, come un’attività sportiva, non basti a permettergli di esprimere quello che non riesce a dire se non con la sua ira.
A voi genitori credo serva una nuova possibilità di guardarlo/guardarvi con nuovi occhi.
Forse sarà diretto il modo in cui te lo dico, ma sono convinta che a volte i giri di parole non sono molto utili, quando è importante non perdere di vista la mèta.
So che non è facile trovare un tempo terapeutico, un tempo per la coppia, ma senza fermarvi rischiate di “perdere pezzi” lungo il vostro cammino, oltre che di non godervelo. E sarebbe un vero peccato.
Credo che la rabbia di tuo figlio sia molto bella, perché ha il coraggio di non volersi fermare, di non rassegnarsi, di cercare un’alternativa che, da bambino piccolo qual’è, non è in grado di trovare da solo.
Dategli una possibilità. Correte il rischio di arrabbiarvi anche voi (non con lui, ovviamente!), per vedere quanta forza c’è nel non volere sopportare qualcosa che non va bene per noi.
Nel porvi questo “folle” augurio, resto a vostra disposizione.
Elena dice
Anche io mi chiedo spesso quale sia la fonte di tante ansie e paure di mio figlio, forse davvero a volte bisogna cercare nel profondo…
squa dice
Mamma, ma soprattutto figlia di die genitori che sono restati “separati in casa” per troppo tempo, finché la morte non li ha separati, questa risposta mi ha tanto commossa. Poi magari per voi come coppia c’è ancora speranza, ma quello che i figli subiscono in certe situazioni forzate è inimmaginabile.
Coraggio ! Ci vuole parecchio coraggio!!
mammaimperfetta dice
http://squabus.blogspot.it/2013/10/discomfort.html
Grazie. :-*
arianna dice
Interessante, davvero!
cristina muzi dice
noi adulti ci perdiamo negli schemi comportamentali, spesso basta fermarsi un momento,chinarsi verso di loro , parlare con loro, abbracciarli , accogliere quella rabbia,che forse un po’ e’ anche nostra,magari manifestata diversamente,da adulti, ma pur sempre rabbia,i bambini “sentono” anche cio’ che non comunichiamo con le parole, e il non “detto” fa’ incazzare moltissimo,ti fa’ sempre credere che non te la raccontano giusta, che manca qualcosa, che non e’ proprio cosi’…non so,..mi e’ venuto in mente questo, parlo da adulta, ho 47 anni e un bimbo di 5,spesso mi sento inadeguata, a volte lo sono,a volte meno, comunque sono io,una donna ,una mamma,mi arrabbio talvolta e non lo nascondo,nemmeno a lui,lorenzo, certo non sara’ piacevole,pero’ riesco a mettermi un po’ nei suoi panni quando succede a lui.. empatia? amore? caos? c’e’ dentro tutto..non ultimo anche qualche consulto terapeutico,non
fa’ mai male quando serve..