Domanda
Buonasera dottoressa,
mio figlio ha 19 mesi.
Già da quando aveva 4/5 mesi in alcune circostanze, durante il gioco agitava le braccia e le mani, ma erano episodi sporadici.
Con l’avanzare dei mesi questo “tic” si è molto accentuato, e da 6/7 mesi, soprattutto di sera quando è più stanco, durante i giochi, agita gambe, braccia e mani e tira la bocca per alcuni secondi; io a volte fingo di nulla, altre gli dico che non si fa, lui, in quest’ultimo caso si gira di spalle o va a nascondersi…
I miei suoceri mi mi dicono che anche mio marito da piccolo lo faceva.
Il pediatra, quando il bimbo era più piccolo, mi disse che neurologicamente stava bene, il piccolo cresce bene, ripete tutte le parole che sente, insomma rispetto alla sua età è anche un pò precoce, per cui al momento non mi preoccupo per il fatto che lo fa, ma vorrei sapere io come devo comportarmi con lui.
Grazie infinite,
Alessia
Risposta
Cara Alessia,
sicuramente le visite di controllo in questi casi sono la prima cosa da fare per escludere gravi patologie, e da quello che mi riferisci sulla visita pediatrica non starei in eccessiva preoccupazione. Sono certa, infatti, che il pediatra noterebbe qualcosa di anomalo o di sospetto, e ti indirizzerebbe verso visite specialistiche.
Il fatto che mi colpisce, invece, e sul quale potresti incuriosirti anche tu, è che anche tuo marito alla stessa età aveva lo stesso comportamento: questo, per uno psicoterapeuta, potrebbe essere un fatto interessante o da cui partire per cercare di capire cosa lega le due cose, e che effetto fa su ciascuno di voi (escluso il bambino, ovviamente, che è troppo piccolo per una psicoterapia).
Cosa succede nelle vostre famiglie quando ci sono dei neonati? Questa semplice e forse banale domanda in realtà apre un mondo di storie e di racconti.
Nell’intreccio delle trame familiari, infatti, ci sono spesso degli eventi che si ripropongono (il vostro ha semplicemente un comportamento manifesto, ma ci sono tante altre cose che si reiterano sotto altre forme) e che esprimono un “bisogno aperto”, che cerca un modo di concludersi, che vi impegna a mettere in moto strategie e capacità di soluzione che certamente avete.
Credo che il disagio che ti porta a chiedere aiuto meriti di essere ascoltato, non tanto perché il quadro diagnostico sia preoccupante, ma perché, com’è lecito, stai cercando un tuo modo di stare (bene) in questa situazione.
Per gli strumenti a mia disposizione, non posso darti grandi suggerimenti se non quello di rendere legittimo il tuo bisogno di capire, sapere, e imparare a reagire: chiedi aiuto ad un terapeuta che possa ascoltarvi entrambi, tu e tuo marito, in quanto genitori del piccolo, e che possa provare a dare voce alla vostre paure e ai vostri dubbi, cercando un modo positivo di affrontare questo piccolo problema.
Al di là delle questioni pratiche, infatti, questa circostanza mette in circolo i vostri vissuti, e crea un clima emotivo che, qualunque esso sia, necessita di essere esplicitato.
Certamente rimproverare il piccolo è l’ultima cosa da fare: non credo affatto che lui metta in atto il comportamento consapevolmente, e mortificarlo non lo aiuta, al contrario gli fa imparare che il suo intento comunicativo non è ben accetto, e va messo a tacere.
Non essendoci complicazioni neurologiche, infatti, possiamo solo pensare che col suo comportamento stia tentando di esprimere qualcosa, di mostrare la sua percezione dell’Ambiente in cui vive, della sua quotidianità (di cui so poco), dei fatti con i quali è stato o è ancora in contatto. Qualunque essa sia, merita di essere ascoltata, tradotta e che qualcuno se ne prenda cura.
La tua sensibilità, cara Alessia, ti ha portato già ad intuire questo suo bisogno, e ti ha portato a chiedere consiglio. Ti suggerisco di puntare sul tuo intuito di mamma, e di non sprecare l’opportunità di andare in fondo alla questione per capire come si intreccia con i vostri vissuti familiari.
Resto a tua disposizione per ulteriori chiarimenti, e ti faccio i miei migliori auguri.
Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta
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