Domanda
Gentilissima dottoressa,
mi permetto di contattarLa di nuovo perché il suo fondamentale consiglio sulla problematica che le ho esposto nella mia richiesta di aprile, è stato davvero illuminante. Ho a lungo riflettuto sui Suoi suggerimenti e ho potuto, insieme al mio compagno e al padre di Sara, concentrarmi su alcuni aspetti che avevo sottovalutato, migliorando molto la situazione.
Ora si pone un problema ancor più serio, a mio avviso.
In questi mesi, l’intensità della nostra unione si è triplicata. Carlo è spesso con noi portando con sé il suo piccolo bambino di quasi 4 anni. A parte un pò di “sana” gelosia di Sara nei suoi confronti, sia verso di me che verso Carlo, il rapporto è decisamente soddisfacente. I bimbi si cercano e vogliono stare insieme, poi litigano, discutono, si picchiano ma si cercano sempre.
Sara ha intensificato anche il rapporto con Carlo, che pare essere sempre più indispensabile. La novità è che il padre di Sara non riesce a stabilire con lei un rapporto altrettanto intenso e di qualità.
Carlo dedica a Sara ogni risorsa, dai compiti ai giochi, dalle riflessioni ai consigli, dalle regole (pacate e contenute data la situazione ancora delicata) alle coccole più sincere. La aiuta in ogni cosa, la fa addormentare, la accompagna dove vuole, la va a prendere a scuola. Le dona il suo tempo.
Sara però non vuole più stare con suo padre. Ho cercato in tutti i modi di convincerla, di capire, di parlarle; ho cercato di fare domande, le ho spiegato che io voglio aiutarla e non voglio costringerla ma che ritengo talmente importante che frequenti suo padre da volere qualche spiegazione; le ho detto che più dettagli mi fornisce maggiore sarà la mia capacità di trovare una soluzione. E’ passata da frasi del tipo “con papà mi annoio” a frasi del tipo “lo detesto”.
Ho pensato che, essendosi intensificato il rapporto con Carlo, Sara veda le differenze e stia meglio con lui. Però qualcosa comunque non mi tornava, Sara ha 9 anni e mi sembra impossibile che non abbia bisogno di suo padre.
Così ho pensato che forse, l’atteggiamento di suo padre, un po’ triste, vittimistico e autocommiserante le pesi più di un macigno e tenti di proteggersi rifuggendo dalla situazione. Lui del resto non è mai stato molto presente ed ora più che mai questo potrebbe essere un problema. Forse lui, anche involontariamente, le fa percepire la sua solitudine, il suo disagio; forse altrettanto inconsciamente la “usa” per capire cosa accade in casa nostra.
Io credo davvero che un sostituto non basti e che Sara debba stare anche con suo padre. Credo davvero che in fondo ne abbia bisogno e sto attenta ad ogni suo segnale, mi metto in gioco, le parlo, le offro soluzioni e alternative ma soprattutto la ascolto tanto.
Traspare spesso in lei la parola “mi dispiace per papà”. Questo dovrà pur voler dire qualcosa. Cosa devo pensare dottoressa? Devo forzare Sara a stare con il padre, devo imporglielo senza troppo indagare? Passerà? Oppure è un primo segnale di un distacco inevitabile? Grazie dottoressa, grazie per avermi ascoltata ancora una volta.
Risposta
Carissima,
mi fa piacere leggere le novità positive che si sono create nel vostro nucleo familiare, che, definendosi in un contesto di famiglia allargata, è particolare ma non inusuale.
La cosa positiva che noto è che Sara abbia trovato delle relazioni sane dentro cui esprimersi.
Quella più problematica, che tu mi riporti, è che altre relazioni esprimano ancora un alto grado di sofferenza.
Il disagio di un membro della famiglia, saprai bene, in realtà non è mai il disagio del singolo, ma è di tutto il nucleo familiare: nel vostro caso, dunque, è impossibile isolare la relazione di Sara con suo padre senza considerare che quanto accade ha degli effetti su tutti voi, compreso il tuo nuovo compagno e suo figlio.
Occuparsi della relazione di Sara con il suo papà, quindi, significa occuparsi di tutta la famiglia.
Un modo positivo di leggere il disagio di una famiglia è guardare verso dove sta andando, ovvero qual’è il suo prossimo passo, qual è la fase di crescita verso cui si muove: niente accade per caso, ed ogni cosa ha un senso.
Ogni cambiamento in una famiglia provoca una “crisi”: può essere determinata da cambiamenti naturali, quindi prevedibili, che fanno parte della crescita, oppure no, come nel caso in cui genitori si separano e le famiglie si ricostruiscono.
L’esito della “crisi” sarà tanto migliore quanto i suoi membri saranno capaci di attivare l proprie risorse per trovare delle soluzioni creative e buone per tutti.
In questo momento tra Sara e il suo papà c’è sicuramente una spontaneità bloccata: vorrebbero fare insieme tante cose che non riescono a fare.
I motivi possono essere tanti e i più disparati: non possiamo pretendere che Sara che li spieghi, né che possa risolvere da sola la difficoltà.
È fuor di luogo pensare che una relazione possa essere imposta ed obbligata, ma concordo con te sul fatto che ciascuno di noi ha bisogno dei suoi genitori, ed è impensabile che un bambino possa farne a meno. E’ vero, ci sono casi in cui le separazioni inevitabili (come la definisci) avvengono, ma sono situazioni in cui qualcuno o ciascuno dei familiari si è arreso, o non ha trovato un modo costruttivo di adattarsi al cambiamento.
Sara è una bambina, e non può prendersi cura dei suoi genitori che ancora non hanno trovato un nuovo modo di relazionarsi (rancori, gelosie, aspettative, desideri insoddisfatti) né può trovare da sola il modo di sanare il suo rapporto con il papà adesso più lontano. Può solo esprimere il suo disagio, nell’unico modo che le è possibile.
Che abbia trovato nel tuo compagno una figura di supporto è una cosa bellissima, e che certamente gioverà alla sua crescita, ma sappiamo bene che un padre non si sostituisce: il rapporto con Carlo è qualcosa di altro, di bello, di importante, di utile, ma altro.
Trovo ammirevole il tuo impegno, e gli sforzi che fai nel cercare di trovare una soluzione: è importante per Sara, ma anche per voi tutti (non dimentichiamo che c’è anche un’altra bimba che presto crescerà!).
Ritengo però che a questo punto sia necessario che ciascuno di voi si assuma le sue responsabilità, e che tu ed il padre delle bimbe facciate un percorso di orientamento alla vostra genitorialità e sostegno alla vostra separazione: tu parli di disagio del tuo ex-marito, di strumentalizzazione del rapporto con le figlie, di atteggiamento vittimistico, e per quanto io a distanza non sia in grado di valutare queste dinamiche, comuni in caso di separazione e divorzio, credo sia importante che voi possiate affrontarle in modo sano ed in presenza di qualcuno che vi sia di supporto.
Il motivo è semplice: separarsi è più difficile che sposarsi, ed è ormai necessario che voi troviate un modo civile di interagire tra di voi e con le bambine, che sia proficuo per le piccole, dal momento che la vostra relazione coniugale si è interrotta, ma non potrete mai interrompere quella genitoriale.
È difficile da accettare, ma non ci si può separare come genitori, ed è necessario continuare a collaborare per la crescita sana dei propri figli, almeno fintanto che loro non saranno autonomi.
Vi suggerisco pertanto un percorso di terapia di coppia, che vi aiuti a sciogliere i nodi che vi tengono ancorati a posizioni che non aiutano Sara, e che non aiuteranno in futuro nemmeno la sorella.
So che è un passo difficile da affrontare, ma diventa più semplice se compreso nell’ottica del bene delle bambine.
Ho visto molti genitori reticenti, ma pochi resistono alla motivazione che la terapia (che non ha di certo lo scopo di rimettersi insieme) viene fatta per il bene dei propri figli e per aiutarli in un momento di difficoltà.
Resto a tua disposizione per ulteriori dubbi o suggerimenti, e vi faccio i miei migliori auguri.
Grazie alla Sua preziosa disponibilità, carissima dottoressa Agnone e alla passione per il Suo lavoro, noi tutti abbiamo tratto giovamento. Le Sue indicazioni e il suo sapere ci hanno aiutati a riflettere e rimetterci nuovamente in gioco; abbiamo visto la vita con occhi diversi e i nostri bambini da diversi punti di vista. L’amore e la fiducia in sè stessi e nei nostri figli non si creano dal nulla ma si possono vedere quando qualcuno come Lei apre i nostri occhi. Semplicemente grazie. Giorgia