– Mamma, lo sai che la maestra mi ha detto che sono un bambino calmo?
– Davvero Nichi?
– Sì, ha detto che sono calmo perché tu sei una persona calma. Allora io le ho detto che è vero. Le ho detto che tu sei buona.
Perché è vero, tu non mi sgridi. Tu mi parli.
Con questo dialogo notturno e questa composizione con le letterine dello Scarabeo, si è conclusa la nostra giornata di ieri.
La mamma è buona.
Quattro parole che racchiudono un mondo, che trascendono il significato, apparentemente un po’ banale del termine “buona” e “cattiva” ma si incanalano in una costruzione quotidiana di un rapporto, con un bambino che è stato complicato dalla pancia ai cinque anni.
Quattro parole che aprono riflessioni più ampie sul dialogo.
Dico la verità: c’è stato un periodo in cui con Niccolò non si poteva ragionare. Non sentiva nulla e nessuno, non gli importava di niente. Ha dipinto muri, divani, aperto 25 pacchi di Natale pronti per la Vigilia, disintegrato oggetti di ogni genere e forma. Ha fatto tutto quello che Matteo non si è mai sognato di fare.
Ecco, in questa fase, io ci provavo a non alzare la voce e a parlare. Ma non serviva. Sembrava non servisse.
Il contesto non aiutava: Niccolò era per tutti il “rompi coglioni”.
Con Matteo invece ho sempre parlato, fin da quando aveva pochi mesi. A un anno capiva, ascoltava, ubbidiva. Per lui l’ascolto è sempre stato naturale. Poi tutta questa “santità” in adolescenza chissà in cosa si trasformerà…
Per Niccolò, invece, il dialogo è una conquista. E proprio perché è una conquista, ora che è grandino e consapevole, sta diventando “amplificato” anche nella capacità di ascoltare tutto ciò che gli viene detto e nella capacità di elaborare quello che sente trasformandolo in riflessioni molto importanti, per la sua età (Mamma, ma quando muoiono i genitori, un figlio rimane sempre un figlio?) ed estremamente acute (Se “deficiente” significa mancante allora non è una parolaccia, perché chiunque è deficiente in qualcosa). “È un bambino con la testa piena di pensieri e riflessioni” mi hanno detto le maestre. È bellissimo scoprirlo di giorno in giorno ed è piacevole, perché non è mai saccente: non è un bambino che spiega agli altri, che fa le lezioncine, che mostra di sapere.
È un bambino che fa domande. E osserva partcolari minuziosissimi in modo difficilmente descrivibile.
Questo dialogo è una conquista, dicevo. Ma non solo sua, anche mia. Talmente grossa che a volte, mentre parliamo, spesso mi gonfio, di gioia, lacrime e soddisfazione.
Sono contro l’uso delle mani sui bambini, fortemente, ma non mi è sempre stato facile dosare la voce e questo mi ha spesso creato grossi conflitti di identità materna (che razza di madre sono?).
Beh, siamo cresciuti.
Sono cresciuta.
La mamma pinguina di questo post non esiste più, perché lui si è messo in ascolto. O lui si è messo in ascolto proprio perché non c’è più la mamma pinguina? Non sapremo mai chi ha rotto il circolo vizioso di urla-dispetti-chiusura-sordità. Ma si è rotto. Tranne nei momenti di emergenza, insomma, quando serve, in casa mia non si urla più.
Sì, ai bambini bisogna parlare anche quando sembrano non ascoltare. E vanno ascoltati anche quando sembrano non interessati a quello che dicono.
Educare deriva dal latino ex-ducere: tirare fuori.
Credo che l’ascolto li educhi alla fiducia nelle loro capacità (quanti danni fa la mancanza di fiducia in se stessi? L’insicurezza? La bassa autostima?); la conversazione li educa, invece, al dialogo e il nostro autocontrollo alla gestione delle loro emozioni.
Che grande responsabilità abbiamo tra le mani. E che soddisfazione.
Il bambino è padre dell’umanità e della civilizzazione, è il nostro maestro, anche nei riguardi della sua educazione (Maria Montessori)
raffaella dice
Ho letto inghiottendo con gli occhi le parole, avidamente, con ingordigia, perchè ho sempre pensato che fosse doveroso, giusto e necessario parlare con i bambini. Mi rendo però, già conto che, è difficile. Difficile spiegargli i non già a 19 mesi, non alzare la voce, spiegargli le cose. Sono spugne, fogli bianchi dove temi scivere qualcosa di sbagliato. Sono contenta di sapere che, però, quando fai la cosa giusta, quando riesci a seminare, raccogli. Spero soo di essere all’altezza. Di non essere stanca, di ascoltare sempre.
Grazie
Raffaella
twizy dice
ciao, grazie per la risposta! in realtà più ke esempi da seguire cerco persone interessanti con cui confrontarmi. per quanto riguarda il senso-di-colpa, hai centrato in pieno. nn è ke mi reputi una cattiva madre, anzi..credo di essere una mamma molto attenta e molto ‘in ascolto’, ma anke sono molto perfezionista! in aggiunta sono fermamente convinta che i comportamenti errati siano modificabili, quando riconosciuti tali e se si hanno gli strumenti per apprenderne di adeguati. nn per niente sono educatrice di professione. di conseguenza mi sento molto responsabile delle mie azioni e mi concedo poche attenuanti..ma ci lavoro eh! tengo stretto il consiglio e ti faccio sapere. un abbraccio tizi
LAURA dice
questo tuo post mi fa molto riflettere e dovrei davvero prendere esempio da te, perchè io non sono sempre in grado di mantenere la calma. Complimenti davvero per il grande lavoro che sei riuscita a fare con i tuoi figli.
Anna dice
Mi sono commossa.
Anche io adoro il tuo modo e il tuo essere madre. Sei una bella persona.
Ti abbraccio.
Mammaimperfetta dice
Mammacheemozione, Arianna, Cinzia, grazie.
sara dice
E’ la prima volta che entro in questo blog…e leggo il tuo post che mi colpisce dritto al cuore in un periodo di grandi riflessioni.
Io ho 3 figli…il più grande di 8 anni, nato in un periodo di grande stress, con me impreparata. Gli ho spesso urlato troppo, per non riuscire a controllare i nervi. E ora è lui un urlatore…e quando succede non posso che sentirmi in colpa per il messaggio sbagliato che gli ho lasciato. Per fortuna con gli altri due sono stata una mamma diversa e loro sono diversi. Ma non riesco prorpio a spezzare il circolo vizioso, a trovare la via della fiducia reciproca.
CHIARA dice
Non credo che Luca sia un bimbo amplificato, ma è sempre stato molto impegnativo e vivace. Di una dolcezza incredibile, ma mi ha sempre preoccupata tanto. Sarà che quando ero incinta di lui è morta mia mamma e ricordo ancora la rabbia che provai nel momento del parto, quasi una rabbia liberatoria per fare uscire con lui tutto il dolore che per mesi avevo tenuto dentro per non turbarlo. Ed è stato per lui e con lui che ho elaborato il lutto anche se credo di averci messo tanto tempo, poichè le lacrime che avevo dentro avevano sfogo solo la notte mentre dormiva.
Per i primi 12 mesi non si è sentito: mangiava, dormiva e rideva guardando incantato sua sorella. Era così grasso… Poi a 12 mesi la svolta: non ha cominciato a camminare, ma ad arrampicarsi e a correre. Al nido era uno dei più vivaci, fuori mi ha sempre fatto sudare, per il rispetto di qualsiasi regola: attraversare la strada dando la mano, entrare nei negozi senza far nascere il panico nelle commesse, non scappare al mare…
Mi sono chiesta per mesi se non avesse problemi di comprensione: avevo la netta sensazione che non capisse e che non riuscissi ad entrare in comunicazione con lui, poi la svolta.
La piena e completa accettazione di lui come altro da me, come cucciolo da accompagnare alla vita insegnandogli le regole dello stare insieme e rispettandolo.
I tuoi post sono stati fondamentali; ma oggi si ripresenta un problema che fatico a superare: quest’ultimo anno di scuola dell’infanzia è un vero disastro. In una classe di 29 bambini (21 maschi e 8 femmine) non c’è giorno che lui, nel grande gruppo, in refettorio e in dormitorio, non combini qualcosa di grave.
Ieri ha rotto un tubo dell’acqua in bagno dandogli un calcio. E io che sono così severa… a casa neanche si sogna di fare un gesto del genere, fuori è un altro bambino.
Le maestre dicono di non sgridarlo per quello che combina a scuola, che forse un’eccessiva severità a casa comporta azioni liberatorie fuori… Sì ma ha rotto un tubo del bagno causando un mezzo allagamento… come faccio a fare finta di niente, convincendomi che sono cose che capitano?!?!
Credo di parlargli più che di urlargli, il suo modo di fare così simpatico e dolce nel momento della sgridata facilita l’uso della parola parlata e non provoca sfuriate o uso di mani. Resto seria e ferma e riesco a controllarmi, ma periodicamente l’efficacia di questo mio agire nel breve termine sembra fallire. Leggendoti confido nel lungo termine…
Mammaimperfetta dice
Ciao Chiara.
Hai provato a leggere qualche risposta della Dott.ssa Agnone sull’aggressività? Io ho avuto grande sostegno in quelle parole.
“I bambini devono potersi arrabbiare” è diventato un mantra per me.
Anche per noi la scuola dell’infanzia è stata uno strazio, per altri motivi, completamente diversi ma altrettanto dolorosi.
Lui non ci stava bene. Ci andava, lagnava un po’, faceva quel che c’era da fare, mangiava, giocava, dormiva. Faceva il bravo bambino. Ma si sentiva solo. E stava solo. La solitudine che ha provato là dentro è stata così pesante che ora va a scuola saltando di gioia. Non gli sembra vero di avre intessuto delle relazioni, di avere un amico. E anche a me non sembra vero (mentre scrivo sento il magone che sale).
twizy dice
Io ti leggo da pochissimo ma molto volentieri. Trovo molte coincidenze tra la mia vita e la tua..che mi fanno sentire raccontata e capita..che mi fanno riflettere. Intanto i miei 2 figli più grandi hanno la stessa età dei tuoi e stanno percorrendo le stesse tappe. Poi gli assomigliano molto come indole. Edoardo,il grande, è da sempre un piccolo uomo. Con lui si ragiona e si riflette e il rispetto e la buona educazione sono appresi attraverso ilbuon esempio e le spiegazioni dettagliate. Achille,secondo genito, reflusso dalla nascita fiono all’anno circa..anno passato in braccio, piangente, attaccato al seno, un incubo! A sette mesi gattonava, e vomitava e ci gattonava dentro, a undici correva e si arrampicava ovunque. Gioco preferito prendere un qualunque pezzo di mondo,osservarlo 3 secondi,lanciarlo nell’oblio. A sei anni compiuti da 6gg è vagamente migliorato..Io poi il sogno del 3°figlio l’ho realizzato. Alessandro,con i suoi 3 anni, è il piccolo di casa. Un torello cocciuto e attento che adora i suoi fratelli e li fa disperare. Educare Achi e Ale è un impresa ben diversa che con Edo.Il buon esempio conta fino ad un certo punto,le spiegazioni sono pressochè ignorate se nn sono precedute da un urlo da orchessa che attiri l’attenzione, i castighi velocemente dimenticati e sostituiti da altro. Io sono ‘fortemente contraria all’uso delle mani’ e credo poco anke all’urlo! Tra l’altro per professione sono educatrice e pertanto abituata ad usare strategie diametralmente opposte a urli e violenza MA quando sei sempre in corsa tra gli impegni quotidiani, hai dedicato ore di attenzioni ed energia al lavoro EPPURE bambini- marito-casa sono lavati e stirati, i compiti fatti e le attività sportive pure, hai cucinato secondo i sacrosanti criteri del mangiar sano,facendo trucchi da prestigiatore per rendere il cibo accattivante e hai fatto magari anche la torta..E i tuoi figli( Achille) nn vogliono mangiare,’che schifo’ E ‘smettetela di saltare sul divano’,edo:va bene mamma, Achi e Ale niente; facciamo il bagno..vai a prendere i pigiamini..allagato.E tu con le buone ma ferma spieghi,cerchi di capire,ragioni e loro ti fanno i versi da scimmia in faccia ALLORA la mia mente formula il malsano pensiero: adesso ti faccio male così sei costretto a darmi retta..e anche se 5 volte su dieci lo penso solo,4 su dieci minaccio e 1 do a malapena uno sberlotto, io poi sto male.rimurgino per ore e mi domando a cosa è servito?!? Forse ho sritto troppo, sa più di sfogo per genitori sbroccano.Però io sono sbroccata qui..un abbraccio. Tizi
P.S. abbiamo anche la stessa età e giuro nn sono una mitomane.
Mammaimperfetta dice
Ciao Tizi,
piacere di conoscerti. In effetti abbiamo percorsi molto simili (sulla mitomania ho troppo riso).
Cerca, se puoi, di lavorare sui sensi di colpa.
Sei una buona, buonissima madre. E basta. Non ci sono termini di paragone da guardare.
Non devi prendere spunto da nessuno. Sei tu la mamma dei tuoi bambini e sei “imperfetta” così come è NORMALE che sia.
Ti lascio un link
https://www.mammaimperfetta.it/2010/11/25/nessuno-tocchi-le-donne-e-il-loro-senso-di-colpa/
e un abbraccio.
Chiara dice
Stampare e rileggere, tutte quante.
Ricchezza che cola, come sempre.
Grazie.
Chiara
elena dice
c’e mio figlio qui con me e non posso piangere,……………..di commozione e di felicita’ per te…..
Che bello questo post non ti sei arresa ed ora il tuo gioiello lo possono vedere anche gli altri magari proprio quelli che dicevano “è un rompiballe, ed ora goditelo……………..PERCHE’ LA MAMMA E’ BUONA.
Mammaimperfetta dice
Elena, cara.
sono consapevolezze sane, che nutrono.
Un abbraccio.
Franci dice
Eccola di nuovo.
La mamma imperfetta, icona per tante.
Ti adoro e concordo con il commento sopra: sei VERA. Lo stampatello è voluto.
Mammaimperfetta dice
Ciao Franci.
“Vera” è il più bel complimento che mi si possa fare.
E per fortuna, è anche quello che più mi dicono via mail tutte le mamme che mi scrivono.
Un abbraccio.
PS: Sto rispondendo alla tua mail.
Tranquilla comunque, a riguardo. Ti ringrazio per la proposta (anche perchè il prossimo passo potrebbe essere proprio quello. Anzi, lo sarà).
A dopo! 😉
Cinzia dice
Sinceramente, trovo fantastico il tuo modo di scrivere, il tuo modo di essere mamma, il tuo modo di essere.
Spero anche io di arrivare ad affrancarmi del tutto dalle alzate di voce… il cammino è ancora lungo.
arianna dice
Che bello questo post. Io, pur non avendo figli amplificati, sono ancora nella fase “qualche urlo ci scappa”. E già, anche le pedagogiste urlano ogni tanto, ma ogni momento cerco di ricondurlo consapevolmente all’ascolto, al dialogo, alla pazienza. Sei una brava mamma, consapevole e vera.
mammachemozione dice
Silvia, che bel post! Qui da te mi sento sempre a casa, mi ci ritrovo. Io da sempre parlo al mio Piccolo Uomo, da sempre. E faccio spallucce quando vedo qualcuno sorriderne. Ascoltano e capiscono da subito, ci metto solo un po’ di tempo in più a parlare, ma si esprimono benissimo già prima.
Parliamogli. Chiediamo agli altri di farlo. Potremmo correre il rischio di farne degli adulti capaci di parlarsi autenticamente.
Un bacio