Domanda
Gentile dottoressa,
sono la mamma felice (che bella parola “felice”, mai usata tanto!) di un bimbo di sette mesi, Leonardo, un bambino tanto desiderato sia da me sia dal papà, una piccola meraviglia che ogni giorno ci sorprende nella sua scoperta del mondo.
Fin qui tutto bene. Il problema è che il papà da un paio di mesi si è dovuto trasferire per motivi di lavoro a circa 400 km da noi e rientra a casa solo nel week-end (e sarà così per un anno circa). Una decisione sofferta, che abbiamo preso insieme, pensando anche al futuro della nostra famiglia.
Io attualmente sono in maternità e questo ci ha permesso di trascorrere ogni mese una decina di giorni con il papà, facendo sperimentare al piccolo il gusto del viaggio e della scoperta di cose nuove. E seppure così piccino si è adattato bene e rapidamente ai cambiamenti.
Resta però la fatica, fisica e mentale, di accudire da sola per la maggior parte del tempo un bimbo così piccolo, anche se per fortuna ci sono i nonni. E altre mamme con cui confrontarsi.
Tenga conto che mio marito è stato molto presente e vicino al bimbo nei primi 5 mesi di vita e continua ad esserlo nei week-end.
Le chiedo perciò alcuni consigli per affrontare al meglio questa separazione; infatti in queste ultime settimane il bimbo è particolarmente irrequieto, specialmente ad inizio settimana quando il papà parte. È un bimbo molto socievole, che è sempre stato volentieri in braccio ad altri, mentre ora sembra avere la “mammite” e sono comparsi frequenti risvegli notturni.
E tra un paio di settimane rientrerò al lavoro, anche se solo per mezza giornata, lasciando il bimbo con il nonno. In azienda purtroppo è un periodo di crisi, mi aspetto quindi un rientro non facile.
Come gestire al meglio la mia grande fatica fisica e mentale, oltre al peso della responsabilità?
Come aiutare il papà a sentire meno il peso della lontananza e il senso di colpa per l’assenza?
Come aiutare il nostro bimbo ad adattarsi a questa nuova situazione?
Ci piacerebbe tanto che Leonardo crescesse sereno e fiducioso come è stato finora. E che questa serenità accompagnasse anche noi genitori, come singoli e come coppia.
La ringrazio per avermi ascoltata, già mi sento più leggera.
Una mamma… single part-time lunedì-venerdì (come dico spesso per scherzarci sù).
Risposta
Cara Mamma Felice,
una sferzata di energia e di voglia di affrontare il cambiamento per il meglio, ecco quello che mi rimane dopo aver letto la tua mail!
La tua famiglia sta davvero vivendo uno snodo significativo e importante nel suo processo di crescita, come se la nascita di questo bimbo tanto amato e desiderato abbia messo il turbo al vostro progetto familiare. E’ evidente dal tuo racconto l’importanza della condivisione nella tua famiglia, di quanto valore abbia per voi essere “insieme” in tutte le decisioni e le scelte che effettuate. Significa che avete dedicato il giusto tempo e la giusta energia a creare le basi di appoggio per il vostro essere famiglia, coppia, singoli, come dici tu: “fin qui tutto bene”. Fino ad ora avete trovato un modo che però andrà modificato considerati i cambiamenti in atto, proverò a fare una fotografia delle risorse che avete a disposizione per affrontare al meglio questo movimento.
Leonardo entra ora in quella fase particolare della sua crescita (vedi la mia risposta a “Una baby sitter per mio figlio”) che in gergo chiamiamo “angoscia di separazione”: fa parte del normale sviluppo dei bambini e gli permetterà di conoscere e sentire meglio i suoi confini e le vostre assenze. Fatalità questa fase fisiologica si va ad incrociare con il tuo rientro al lavoro e l’impossibilità di vedere spesso come in passato il suo papà che lavora lontano.
Capirai da sola che proprio i momenti del distacco sono quelli maggiormente faticosi per il tuo bimbo: proprio ora comincia a capire che quando il papà saluta non torna immediatamente ma per un po’ non sarà possibile vederlo, toccarlo, abbracciarlo. Se poi questo papà è così presente e vicino la separazione sarà all’inizio probabilmente ancora più faticosa per poi diventare – con l’esperienza del ritorno e la ripetizione– una relazione solida e sicura. Ricordatevi che se è fisiologico per il bambino sperimentare questa “angoscia” lo è anche per i genitori, che spesso temono di avere fatto qualcosa di poco opportuno o di non adeguato. La realtà è che l’unica cosa possibile in questa situazione è tollerare l’angoscia, accettare il disagio (momentaneo) e ricordarsi che fa parte del normale percorso di crescita, del bambino e della famiglia. Nel vostro caso mi sembra che stiate facendo tutto nel miglior modo possibile, pensando e preparando questa fase.
Noi adulti dobbiamo avere la capacità di contenere anche le angosce dei nostri figli, di modo che imparino poi a farlo da soli, aiutarli a trasformare la paura in qualcosa di tollerabile e magari positivo. Per voi significa ricordarvi (reciprocamente e soprattutto nei momenti di fatica e stanchezza) perché state facendo questa esperienza, quali sono i vostri progetti di famiglia, come volete educare vostro figlio, quale prezzo siete disposti a pagare e che risorse potete utilizzare. In estrema sintesi vi suggerisco di utilizzare quotidianamente la consapevolezza della vostra scelta.
Tutte le nostre azioni, dalle più leggere a quelle maggiormente impegnative risultano avere un’efficacia superiore se possiamo attribuire loro un senso e un valore nell’immediato ma soprattutto nel nostro futuro: da azioni presenti possono diventare così un vero investimento vitale. Le radici da cui far crescere la nostra pianta, il nostro vivere.
Sia tu sia tuo marito siete attori su questa scena, avrete dei momenti di fatica e di responsabilità: nel tuo caso sarà il carico quotidiano nel caso di tuo marito sarà la distanza da voi. Una suddivisione dei ruoli funzionale alla situazione che vi apprestate a vivere e che può diventare un’esperienza straordinariamente arricchente per voi e per Leonardo, a patto che voi sappiate presentargliela con serenità e pazienza.
Mi sembra abbiate una notevole quantità di risorse interiori, relazionali, di sistema familiare da attivare: attivatele tutte e precocemente di modo da non sovraccaricarvi di fatiche. Inoltre, esattamente come si fa con un’auto che deve fare un lungo viaggio, tenete sotto osservazione il vostro livello di stanchezza, cercate di non arrivare mai al limite ma fermatevi prima.
Per te, che starai con Leonardo nella quotidianità, questo significa coinvolgere i nonni e gli amici di supporto nella cura e ad aiutarti a ritagliarti degli spazi solo tuoi per ricaricarti. Anche il lavoro – per quanto faticoso e in un periodo di difficoltà aziendale – può diventare una delle “stanze tutte per sé” che possono aiutare le donne a riguadagnare uno spazio nella vita tra adulti. Ogni mamma ha bisogno e diritto di avere delle porte da chiudere per ri-vivificarsi e quindi tornare a dare vita alle persone di cui si prende cura. La fatica potrà così essere riconosciuta, guardata, verbalizzata, anche e soprattutto con Leonardo: ebbene si, le emozioni che proviamo possono essere spiegate anche ai bambini, forse non capiranno il significato preciso delle parole ma sicuramente sentiranno l’intenzione che ci sta dietro. Prova a farlo, come se fosse un esperimento e fammi sapere cosa succede!
Per tuo marito la difficoltà sarà quella di non poter essere presente nel quotidiano ma tanto può fare anche da distante: forse non con Leonardo (che giustamente pretende la presenza fisica) ma sicuramente con te attraverso l’ascolto e la comprensione, supporto prezioso anche da lontano. Quando poi tornerà a casa potrà tornare alla vicinanza con Leonardo e con te, a godersi le nuove capacità del suo bambino e farvi godere dei successi (anche professionali, perché no?) che sperimenta in trasferta. Il trasferimento di tuo marito è sicuramente un problema nell’organizzazione familiare ma al contempo il segno che è bravo nel suo lavoro, al punto che gli è stato richiesto di farlo altrove.
C’è da essere orgogliosi di quello che state facendo e che vi apprestate a fare, la cosa più bella è che affrontando questa esperienza insieme state insegnando a Leonardo che cosa è per voi una famiglia: una base sicura da cui partire e a cui tornare.
Gloria Bevilacqua – Psicologa e Psicoterapeutica
olivia dice
HO UN BIMBO DI 20 MESI E PER MOTIVI CHE NON STO A SPIEGARE QUI ,POSSO DIRE CHE PRATICAMENTE MIO FIGLIO E’ CRESCIUTO QUASI SEMPRE SOLO CON ME…..PREMESSO CHE HO UNA PERSONA GIORNO E NOTTE CHE MI AIUTA TANTISSIMO MA NON SOPPERISCE ALLA MANCANZA DELLA FIGURA PATERNA E SOPRATTUTTO AD UNA CONDIVISIONE DI RESPONSABILITA’ CHE MI AIUTEREBBE NON POCO…HO DOVUTO SEMPRE DA SOLA GESTIRE IL BIMBO SIA NELLE OCCASIONI LUDICHE E CONVIVIALI SIA IN MOMENTI DI ESTREMA DIFFICOLTA’………NONOSTANTE TUTTO MIO FIGLIO SEMBRA UN BIMBO MOLTO SOLARE , SEMPRE SORRIDENTE E CONTENTISSIMO QUANDO VEDE IL PADRE………
mammamicia dice
… dimenticavo: anche io mi definisco sempre “mammasingle” e molte volte per 2/3 settimane di seguito…
mammamicia dice
mio marito lavora a 450 km da dove viviamo io e nostra figlia (quasi 3 anni). Fino ai 20 mesi abbiamo vissuto tutti insieme, poi abbiamo dovuto prendere questa decisione di separazione lavorativa.
E’ molto dura per il carico di lavoro che la mamma, cioè la sottoscritta si è messa sulle spalle; è stata dura vedere quanto mia figlia piangeva all’inizio quando il papà partiva, ora ha capito sa che poi torna, certo non è contenta ma lo ha accettato; è dura per mio marito che si trova da solo, sempre. Grazie di questo post, mi ha dato comunque speranza, forza di andare avanti: ce la dobbiamo fare! e sapere che non sono l’unica, aiuta