Domanda
Gentile dottoressa,
ho aperto da un anno un asilo nido internazionale ad Hurghada, Egitto, e la prima difficoltà che ho trovato è stata la diversa idea di inserimento al nido che le mamme di diversa nazionalità avevano.
Io ho sempre chiesto alle mamme di fare un inserimento con i proprio figli almeno di metaà mese ma non tutte lo reputano un buon modo.
Molte preferiscono mollare il pargolo e sparire.
Dicono meglio che capiscano in fretta e subito il distacco. Vorrei avere il suo parere al riguardo.
Grazie
Distinti saluti
Risposta
Il suo asilo si colloca in un contesto internazionale che prevede la presenza di famiglie provenienti da diverse culture e che hanno, di conseguenza, un diverso approccio con i sistemi educativi e soprattutto un diverso concetto di famiglia ed educazione della prole.
Per quanto queste diverse visioni possano non essere in sintonia con quella tipica della nostra cultura è, a mio avviso, importante trovare una giusta mediazione tra la nostra idea di inserimento e la realtà in cui lavoriamo.
Come educartice di un nido multietnico ritengo utile un inserimento di almeno una settimana con la presenza della mamma. L’esperienza però mi ha insegnato che una mamma che non condivide l’importanza di un inserimento graduale può essere di ostacolo pur restando col bimbo, il tempo richiesto. Ecco perchè la mediazione e la negoziazione tra la sua linea educativa e la realtà dell’utenza del sua asilo è importante. Si possono trovare altre forme di inserimento per esempio, dimezzando il periodo di permanenza, ma richiedendo la presenza della mamma per tutta la giornata. In questo modo si entra in relazione con il genitore anche attrverso momenti informali come la condivisione di un pasto oppure quattro chiacchere durante la nanna dei bimbi; questi momenti possono essere utili a perorare la causa di un buon inserimento ed ad instaurare un rapporto di fiducia fra lei e le mamme.
In alcuni nidi della mia città è diventato consuetudine l’inserimento in gruppo ovvero l’inserimento di più bambini della stessa sezione contemporaneamente. Lo scopo è di incentivare la socializzazione tra nuclei famigliari, favorendo anche un mutuo sostegno tra mamme che si trovano a condividere la loro condizione di neogenitori.
Il distacco dalla mamma per entrare in un nido, anche se fatto con le migliori metodologie educative, resta comunque un grosso cambiamento che il bambino deve interiorizzare, ecco perchè l’occhio dell’educatrice deve essere sempre vigile per valutare caso per caso le necessita del piccolo.
In bocca al lupo per la sua attività.
Lara Pistone – Educatrice
rocciajubba dice
Sul discorso “attegggiamento” generale concordo: dei propri figli ci si interessa anche epr quel che riguarda il tpercorso soclastico. Mia figlia ha una compagna di due anni più grande i cui genitori provengono dall’est europa ed è seguitissima. Forse è un problema di QUEL gruppo di famiglie…non saprei.
Sul discorso inserimento io non capisco però perchè prolungare così tanto la presenza genitoriale.
Sia al nido che alla materna ho fatto 3-4 giorni di inserimento ed è andata bene.
Al nido, coinciso con gli 8 mesi di mia figlia, abbiamo avuto qualche problema per un mesetto (mia figlia non giocava con gli altri e “studiava” l’ambiente dall’alto del passeggino) ma poi è andata benissimo.
Alla materna meglio ancora.
Credo che 15 giorni di inserimento siano davvero tanti, che non servano davvero e anche che mettano in difficoltà il genitore in caso lavori. Sarà bieco fare un ragionamento di questo genere ma non tutti i datori di lavoro sono “entusiasti” di 15 giorni di assenza.
giulia dice
grazie per i diversipunti di vista.in realta’ la difficolta’ maggiore e’ con le mamme di nazionalita’ russa.non piace fare differenze in base alla provenienza etnica ma in realta’ e’ proprio cosi’.non e’ solo un discorso di restare una settimana od un mese per l’inserimento del bimbo.e’proprio un discorso di comunicazione e cooperazione tra asilo e famiglia.insomma a farla corta non si interessano del comportamento del bimbo,di atteggiamenti agressivi o eccessivamente difensivi e chiusi.in questi casi e’ molto difficile fare un lavoro educativo sul bimbo.in un asilo multietnico e’ di vitale importanza mettere dei punti fissi sui quali tutte le mamme devono concordare altrimenti diventa una giungla !quando la famiglia stessa non e’ integrata e non vuole fare nessuno sforzo allora crolla qualsiasi possibile proggetto educativo.ma grazie mille per le risposte.
Raperonzolo dice
Avendo avuto entrambi i figli in asili in GB posso dire che se un asilo mi chiedesse un inserimento di mezzo mese o anche una settimana mi troverei a disagio e considererei un altro asilo. Questo non perché sono dell’idea di “mollare i figli” e via, ma perché avendo per due figli fatto l’inserimento di un solo giorno in un Paese dove tutte le mamme fanno lo stesso, non capirei la necessità di prolungare la mia presenza (a meno che il bambino non espimesse tale bisogno e cioé se ci fossero problemi specifici).
Cultura è il modo in cui si condividono una serie di esperienze con la maggioranza delle persone, è l’abitudine, è il sistema, è il modo di vivere. Se un’abitudine funziona si fa fatica ad accettarne altre.
Mi piace il concetto dell’inserimento prolungato e lo capisco, ma per esperienza e cultura non lo ritengo necessario per cui farei fatica ad accettarlo.
Spero di aver reso il punto di vista della mamma internazionale.
monica - pontitibetani dice
Vorrei aggiungere una riflessione, se posso.
Mi sembra una esperienza molto interessante, anche se rende particolarmente delicati i vari passaggi, se In Italia le mamme straniere sono chiamate ad imparare le regole delle scuole italiane, ed a adattarsi anche nei migliori progetti di accoglienza e integrazione … All’estero occorre capire il luogo in cui si vive, se ci si propone di assolvere ad un compito educativo, e ovviamente tocca imparare anche dall’incontro con le pratiche educative del luogo.
A me incuriosisce il valore del distacco che esprimono queste madri, lasciando i loro bimbi al nido, che valore ha per le madri quel lasciare e sparire, che significato c’è in questa presa di distanza?
Nella nostra cultura la prassi del distacco e’ strutturata in modo lento e graduale per via di una cultura educativa precisa.
Qual’e la cultura educativa di queste madri…??
Forse va imparata, compresa, condivisa e conciliata con una cultura diversa …. credo che il valore di questo incontro, possa aiutare educatrici, madri e figli a trovare un valore nuovo nel attraversare il nido.
Forse anche cercare informazioni sulle esperienze italiane, in tema di integrazione multiculturalita’, potrebbe aiutare ad attraversare questa complessità affascinante… Auguri
Monica Massola
Consulente pedagogico – Psicomotricista