Sono stata rapita da Carlo Ratti anni fa, quando ho potuto ascoltarlo durante una conferenza e vedere cosa accade nei cantieri creativi che guida a Torino, Singapore e nel SENSEable City Lab di Boston. Innovatore, inventore, architetto visionario, ciascuno scelga la definizione che crede più calzante. Io le scelgo tutte.
Proprio al suo studio è stato affidato il progetto Coop Expo del Future Food District, il “supermercato del futuro”.
Sono stata a Expo solo due volte e non ho visto nemmeno la metà dei padiglioni ma premetto, e non lo dico perché in Coop lavoro, che il FFD è stato tra quelli che più mi ha lasciato sorpresa. Un supermercato del futuro, ma nemmeno tanto, con la novità, però di vedere il tentativo di un recupero della consapevolezza alimentare, grazie, proprio alla tecnologia.
Non, dunque, una sostituzione meccanica di figure e ruoli umani ma un aiuto per i clienti a relazionarsi con i produttori e a scoprire cosa c’è realmente dentro a ciò che stanno acquistando.
Ma andiamo con ordine.
La chiave per capire che cosa sia il “supermercato del futuro” sta nel viverlo come se fosse un antico mercato. Poco importa se ci troveremo davanti a un robot che impacchetta mele e a etichette aumentate che si attivano al solo passaggio della mano. Quel che importa è cosa la tecnologia del FFD ci vuole comunicare e cioè, un messaggio di vicinanza alla storia e alla qualità dei prodotti.
Un ossimoro, solo apparente. Tecnologia utilizzata per recuperare la relazione tra chi produce e chi consuma. Recupero perfettamente riuscito e molto trasversale: i miei figli, usciti di lì, sapevano ciò che abitualmente il supermercato non racconta in maniera così semplice. Una tecnologia, dunque, che semplifica l’apprendimento e la conoscenza.
Sfiorando i prodotti, gli specchi si trasformano in schermi pronti a raccontare origine, viaggio e storia del prodotto, un insieme di informazioni che racconta il patrimonio che sta dietro a ciò che apparentemente è solo una carota, ma che in sé raccoglie il lavoro e l’impegno di una collettività. Questa esperienza aumentata è possibile grazie a un formidabile numero di sensori che, integrati con un content management system, individuano i gesti dei clienti e raccontano la storia del prodotto che spazia dalla provenienza, alla tracciabilità, passando per gli allergeni e l’impatto ambientale.
Un supermercato senza scaffali, un luogo in cui manca la verticalità, in cui lo sguardo può spaziare e abbracciare tutto il patrimonio di storie e persone che stanno dietro ai prodotti. Esattamente come in un mercato cittadino.
Il viaggio si snoda attraverso 5 filiere, con i prodotti di ortofrutta, carne e pesce, latte e derivati, cereali e birre, caffè, disposti in ordine crescente di elaborazione: dalle materie prime ai prodotti che hanno subito più trasformazioni.
Come spesso accade, i bambini sono in grado di ex-ducere, tirare fuori, l’anima di ciò che li circonda, in maniera spesso veloce e apparentemente poco riflettuta: “mamma, questo posto sembra una gigantesca tavola apparecchiata”.
In collaborazione con Coop Italia
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