La prima puntata della seconda serie di Una Mamma IMperfetta si è aperta con un brano di Una stanza tutta per sè, saggio illuminante di Virginia Woolf. Un po’ forte, perché è un saggio che analizza la figura femminile e ne rivela tutti i diritti negati e le fragilità culturali che la circondano. Però la Woolf in prima serata, anche per 5 secondi, è sempre una meraviglia.
Una stanza, una metafora. Di uno spazio anche mentale che forse è la dimensione più articolata da declinare quando hai una famiglia da amare e da crescere. Una metafora ma anche un’esigenza, spesso fisiologica, di avere quattro mura attorno che custodiscano i pensieri che rimbalzano tra impegni e doveri, pur unici e insostituibili, ma non sempre snelli emotivamente.
Tutti, madri e padri, hanno sentito questa esigenza di intimità con se stessi, ancor prima che si potesse dirlo così apertamente, ben prima che fosse sdoganato il concetto di “imperfezione“, a me tanto caro.
Poi non è sempre possibile far coincidere i desiderata con le esigenze concrete, per cui capita che, quando i bambini sono piccoli, facilmente ci si dedichi instancabilmente a loro, senza trattenere nulla per sè. È normale. Forse è anche giusto. Anzi, è sicuramente giusto.
Ma non è ingiusto il contrario.
Io ci ho messo sette anni e due bambini, poi ho trovato la “stanza tutta per me“. Ma non ci ho portato il cielo dentro. Sono andata io sotto il cielo, intorpidito dal caldo o ubriaco di pioggia, allacciando le scarpe da corsa e correndo in mezzo ai prati.
La corsa è il mio do not disturb. Infilo le scarpe e, per un’ora, non esiste più nessuno. Non è vero. Ma è vero. Quando corri la tua testa è costantemente impegnata a distrarsi dalla fatica che sta facendo, non c’è spazio per i doveri, solo per i pensieri piacevoli, destinati ad alleggerire il percorso. È una metafora anche questa. È una disciplina, capace di restituire ordine e priorità, sgomberando il caos.
Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto (Haruki Murakami, L’Arte di correre)
Così è nato #runningformommies. Siamo 515. Tutte donne, tutte mamme.
E condividiamo la stessa “stanza”: il cielo che appena possiamo, scappiamo ad annusare.
Any dice
Che bello. Sei sempre intima e diretta. La mia stanza è il mio blog! E poi è sentirmi ‘serena’, concedendomi di sbagliare. E poi mille piccoli dettagli.
Adoro il tuo blog ‘imperfetto’, perchè così vicino ad ogni persona umana. Smak!
elena dice
Parole vere, vere come te Silvia. Non si è sbagliati a cercare ossigeno per la donna che è in noi e poi tornare mamma: mestiere faticoso e difficile ma irrinunciabile.
cecilia dice
fantastico! Non sapevo nulla, anche io ho cominciato a correre perché dopo 13 anni improvvisamente mi sono accorta che non avevo più nessuno da accompagnare a scuole. Mi si è aperto uno spazio e me lo sono presa per me.